Barcastoppista destinazione Cuba!

[box style=’info’] Ciao, io sono Brì come il formaggio (ma sul passaporto hanno scritto “Lia”). Nel novembre 2012 ho mollato il mio lavoro come web developer in una multinazionale a Milano perché volevo andare a vedere com’è Cuba quando il sole tramonta. E da lì, di tramonti ne ho visti tanti altri, uno ogni giorno per 11 mesi. E ora vivo su una barca a vela per un po’. Armata di moleskine e macchina fotografica, qui raccolgo i miei raccolti di viaggio: www.trotamundos.it [/box]

1. Che cosa vuol dire per te viaggiare per mare?

Mi costringe a uscire dal mio mondo (i programmatori – si sa – sono tutti un po’ autistici) e fare attenzione alla natura che mi circonda, cercando di comprenderla.
Impari che di notte devi stare all’erta perché la differenza di temperatura tra mare e atmosfera forma le nuvole, le quali portano raffiche di vento improvvise.
Che ogni tot di onde una è sempre più lunga, ed è meglio se ti acchiappi a qualcosa per non cadere.
Che se le onde fanno la schiuma vuol dire che ci sono almeno 15 nodi di vento.E, quando sono di guardia da sola, di notte, mi godo tutti i cieli stellati.

barcastoppista

2. Ci racconti il tuo viaggio alla volta dei Caraibi?

Sono partita da Milano il 5 novembre 2012 con un biglietto di sola andata per Las Palmas di Gran Canaria.
Non avevo in tasca molti soldi, così ho lavorato in un ostello in cambio di letto e colazione. In pratica ero sempre nel mezzo di partenze e arrivi, il che mi ha permesso di incrociare storie di vita indimenticabili.
Per un mese e mezzo ho cercato un passaggio per fare la traversata dell’Oceano Atlantico finché ho trovato una barca a vela francese che mi ha preso su insieme ad altri 4 “barcastoppisti”.
Sono partita il 17 dicembre e ho navigato per 23 giorni, sbarcando a Barbados l’8 gennaio.Una volta a Martinica, ho lasciato Tamala per imbarcarmi con alcuni italiani che facevano il giro dei Caraibi fino alle Isole Vergini Britanniche. Dopodiché sono tornata sulla prima barca che mi ha portato a Cuba, il sogno più grande e l’obiettivo più difficile da raggiungere di questo viaggio.

3. Che significato acquisisce il tempo quando sono a scandirlo le onde?

Viaggiare in barca a vela vuol dire che posso prendermi tutto il tempo di cui ho bisogno per adattarmi e passare da Brì-24-ore-al-pc a Brì-lo-sto-facendo-davvero.
E la lentezza della navigazione mi permette di toccare con mano quant’è lontano il posto dove vado, per sentire tutte le miglia che lo separano da me, per avere il tempo di adattarmi alla diversità e prepararmi a essere “carta bianca” su cui scrivere quello che vivrò.

4. Cosa ti ha insegnato la navigazione?

Quando ero in mezzo all’Oceano, in pochi metri di spazio, se non mi sopportavo più non potevo prendere la bicicletta e andarmene in giro per Milano di notte, per seminare i miei pensieri.
Per la prima volta, non potevo scappare. Scappare da me. Così sono stata costretta ad affrontarmi, imparando ad andare fino in fondo, fino a trovare le risposte che cercavo da 26 anni!
I francesi dicono che il mare pulisce tutto. E che il mare rompe o salda, definitivamente.
Ed è proprio così: ha abbattuto le pareti interiori, pulito il passato e saldato i tratti del mio carattere.

barcastoppista

5. Come hai trovato i compagni di barca e come è stato il rapporto in navigazione?

Fare una traversata prigionieri in 16 metri è psicologicamente impegnativo! Il nostro equipaggio era formato da persone differenti e complementari, con interessi in comune di cui discutere.
Una coppia di francesi che stavano andando a vivere a New York. Li ho incontrati 4 mesi dopo a Cienfuegos che avevano comprato una barca (molto) usata insieme a un altro ragazzo.
Una viaggiatrice solitaria che da Martinica doveva riuscire a raggiungere la Patagonia entro un mese. Anche lei, l’ho ritrovata a Cuba con tenda e bicicletta che tornava dalla Colombia.
Uno skipper italiano con la passione (e il talento!) per le riparazioni di bordo. Per capirci, se ho toccato terra è anche grazie a lui!
E Capitan William, tipico lupo di mare solitario e un po’ orso ma nelle cui mani sai di essere al sicuro.
Due chitarre e Brassens a tutte le ore, i tortellini fatti da noi in barca per Natale e il panettone spalmato di Nutella a Capodanno. 
Insomma, una fantastica arca più che una barca!

6. Come procederà il tuo viaggio?

L’idea generale è che, una volta vista Cuba (e sopravvissuta!) mi aspetti il Sud America fino in Patagonia.
Ma c’è una possibilità di allungare questa mia passeggiata attraversando il Canale di Panama a marzo per sbucare nel Pacifico: Galapagos, Polinesia, Nuova Zelanda e Australia. Dopodiché, rientro in Cile e – finalmente – l’America del Sud!

viaggiare da soli a cuba

7. Quale è la cosa più importante che ti ha insegnato il viaggiare fino a questo momento?

Che nel momento in cui non hai più niente da perdere, diventi libero.
Non hai più pregiudizi, blocchi, paure. E gli incontri che fai ti riempiono di energia positiva e ti accadono fatti straordinari. E allora può anche succedere che trovi qualcosa, tipo te stesso.

8. Quale è stata l’esperienza più difficile che hai dovuto affrontare?

In assoluto, tornare da Cuba in barca a vela. 17 giorni – meno della traversata dell’Atlantico – ma le condizioni erano completamente ribaltate. Pioggia incessante e vento frontale anziché in poppa. Cioè la barca era piegata su un lato e sparanzava su tutte le onde: impossibile mettersi a cucinare e anche stendere le magliette (ero perennemente zuppa) era a rischio caduta in mare.
Poi eravamo solo in 2 a fare i turni di guardia, con l’autopilota guasto.
Avevamo previsto 5 giorni in mare per arrivare in Repubblica Domenicana. Invece nei pressi del canale della Jamaica sul meteo è apparsa la segnalazione di un ciclone (luglio è la stagione) che puntava dritto sulla nostra rotta.
Così abbiamo cambiato immediatamente, decidendo di scendere in Martinica.17 giorni d’inferno nei quali ho giurato fosse l’ultima volta che mettevo piede su una barca! Ma il buon proposito non è durato…

9. Quale è la qualità che hai scoperto di avere viaggiando?

La positività. Ho imparato a relativizzare tutto e che se guardo ogni imprevisto dal lato opposto, questo diventa una possibilità di non annoiarmi, di reinventarmi e un’occasione per mettere alla prova le mie capacità.
Quando a Las Palmas mi hanno rubato il computer nell’ostello con tutte le foto fatte fin lì, il primo pensiero zen è stato “never mind. Vorrà dire che viaggerò più leggera”.

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10. L’oggetto più importante del tuo zaino?


Sono indecisa tra moleskine e macchina fotografica. La seconda è più un concetto che un oggetto, basta anche farsene prestare una. La moleskine invece credo sia la sola cosa davvero unica che ho. C’è dentro tutto il mio viaggio: riflessioni, cronache, incontri, ricette imparate qua e là e l’itinerario.
Quando tornerò, sarò curiosa di leggere come sono partita e chi sono diventata. è un po’ come la testimonianza di un’evoluzione, cambiamo sempre pur restando gli stessi.

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