Il Gusto Proibito Dello Zenzero di Jamie Ford
Il Gusto Proibito Dello Zenzero
di Jamie Ford
Mentre ero sulla Transiberiana ho letto 10 libri, ho riscoperto la capacità immaginativa che ti può dare la lettura, era come vedere un film nella mia testa. Leggevo un libro al giorno il che ti da una sensazione molto diversa rispetto al leggere una decina di pagine nel letto prima d’addormentarsi.
Il libro che mi ha più colpito in questi giorni di lettura è stato Il gusto proibito dello zenzero
e ho scelto di parlarvene perché racconta un luogo, o più che altro dovrei direi un tempo, di cui noi in Italia sappiamo quasi nulla.
Il libro è ambientato negli anni 40, epoca della seconda guerra mondiale, ma a Seattle capitale indiscussa della musica Jazz.Il protagonista è un bambino cinese, che viene costretto dai genitori a frequentare una scuola americana. Negli anni ’40, ma direi che in alcuni casi ancora oggi, molte delle minoranze etniche emigrate viveva in veri e propri ghetti che riproducevano il loro paese d’origine, nell’architettura, tradizioni, cibo e mestieri. Così nella China Town di Seattle non si parlava inglese e sembrava più che altro un distretto di Canton. Questo atteggiamento ovviamente ha portato a una forte discriminazione da parte del lato “bianco” della città. Il libro inizia descrivendo la vita difficile di un ragazzino cinese, Hanry Lee, costretto a vivere in mezzo ai bianchi, ma poi si apre su una realtà che molti ignorano, me compresa. All’improvviso arriva una dolce ragazzina giapponese, con la quale Hanry instaura un’amicizia amorosa molto intensa, ma la vita spesso è più cinica della fantasia e la storia li costringe a separarsi.
Dal 37 la Cina e il Giappone erano impegnati nella seconda guerra Sino-Giapponese (che ha portato in totale circa 18 milioni di morti), quindi erano acerrimi nemici, per la famiglia di Hanry non c’era peggiore scandalo che il figlio avesse amici giapponesi, così lui fa di tutto per tenere nascosto ai suoi questa relazione.
Dopo l’attacco di Pearl Harbour nel 41 gli americani entrano in guerra contro i giapponesi e fanno una cosa che è davvero poco studiata, almeno in Europa: rinchiudono tutti i giapponesi d’America, anche quelli nati lì o di 3° generazione, in campi di lavoro. Migliaia di giapponesi sono stati costretti a lasciare i propri quartieri, a lasciare tutto, portando con sé solo una piccola borsa e a vivere in fattorie adibite in dormitori per mesi. Hanno occupato campi di lavoro per più di due anni, non erano campi di concentramento, non erano malmenati o costretti ai lavori forzati, ma di sicuro vivevano in condizioni precarie e soprattutto gli era impedita qualsiasi tipo di liberà. Il libro racconta questa tragica pagina di storia, che illumina quello che succedeva oltre oceano, quello che di solito in Europa non si studia perché ritenuto marginale rispetto alla nostra sanguinosa guerra. Il libro racconta molto bene Seattle con tantissimi riferimenti a luoghi reali a personaggi top della scena del jazz degli anni 40.
La storia ha sempre una doppia finestra letterale, da una parte il protagonista ormai adulto, la sua vita nei giorni nostri e il suo rapporto con il figlio, dall’altra i ricordi e la sua amicizia con la ragazza giapponese, alla fine le storie si intrecciano. Ovviamente c’è tanto amore, un amore puro e direi “superiore” che ti lascia con il sorriso sulle labbra, non vi svelo come finisce, ma vi assicuro che vi terrà inchiodati al libro. Mi è piaciuto un sacco, fa venire voglia di andare a Seattle e ripercorrere i luoghi del libro anche perché esistono tutti, Jamie Ford, d’origine cinese ha lavorato moltissimo nel processo di ricerca meticolosa di ricostruzione nella città di Seattle degli anni ’40, andrebbe letto anche solo per questo.