Ex ESMA il carcere clandestino dei DESAPARECIDOS a Buenos Aires
È vero l’Argentina è lontano, è vero la comunicazione di massa punta più sul vino, sul tango, sull’asado, su Belen Rodriguez e al massimo su Evita Peròn. In effetti la parola “decaparecidos” è diventata di uso corrente nel nostro linguaggio, quando qualcuno sparisce senza lasciare traccia, ossia di solito si sposa, fa figli e in alcuni casi anche solo si fidanza. Ok, forse quasi tutti gli italiani sanno che con la parola decaparecidos ci riferiamo alle vittime del terrorismo politico dell’Argentina che “sono state fatte sparire”, ma pochi sanno che a Buenos Aires è possibile vedere gratuitamente l’EX ESMA, il centro di detenzione clandestina più grande dell’Argentina.
L’ESMA, Escuela Mecanica de la Armada, fu costruito nel 1924 come centro delle forze dalla Marina Argentina, addestramento, uffici infermeria, fino al 1976 quando, solo il palazzo degli ufficiali fu convertito in centro di detenzione clandestina. Sì è interessante capire che solo 2 piani di 16 ettari di terreno furono convertiti nella casa del terrore perché nel resto degli spazi continuava a scorre la vita comune delle persone.
Dal 1976 al 1983 in Argentina si registrano 600 centri di detenzione clandestina, tutti hanno avuto un periodo di vita dai 6 ai 12 mesi, tranne l’ESMA di Buenos Aires che è rimasto attivo per tutto il periodo dal 76 all’ ’83. Tutti sapevano che esisteva e nessuno ha fatto niente.. o meglio la cosa è ancora peggio.
Dal 76 al 83 ci sono stati 30.000 desaparecidos,
5.000 prigionieri nell’ESMA e 200 sopravvissuti
il 4%! Mi hanno detto che era tanto negli altri centri di detenzione non è uscito nessuno.
Il complesso lavorò con funzione educativa militare per altri 15 anni, poi fu recuperato ad uso di museo della memoria.
Come funzionava il Carcere Clandestino di Detenzione, Tortura e Sterminio?
La Triple A ossia la forza armata militare di destra, sequestrava chiunque riteneva essere dissidente, venivano presi di notte, incappucciati e ammanettati, arrivavano nel ESMA venivano condotti verso il Palazzo degli Ufficiali, venivano fatti salire per una scala per due piani, superavano il piano intermedio dove dormivano placidamente gli ufficiali e al piano superiore erano divisi in 2 “prigioni”: Capucha e Capuchita, circa 150 persone per stanzone, niente aria, niente luce niente bagno.
Venne chiamato “Derecho de Aniquilimento” quello che mettevano in atto i militari, tortura psicologica e fisica.
Ognuno di loro aveva un numero, da quel momento in poi sarebbe diventato il loro unico nome, restavano per tutto il tempo incappucciati e con le mani legate in modo da non poter mai sapere chi ci fosse al loro fianco e non poter parlare con nessuno. Non avevano un bagno, veniva fatto girare un enorme bidone nel quale espletavano le loro necessità, sempre davanti agli altri, e che rimaneva per tutto il tempo nella stanza. Solo le donne incinta avevano il diritto a volte di andare in bagno. Non c’era nessuna presa d’aria.
Nella Prigione Capuchita, più piccola, avevano l’abitudine di torturare le persone direttamente nella loro postazione in modo che gli altri della camerata potessero sentire le urla e percepire il momento in cui stesse per arrivare il proprio turno. Alcune delle persone hanno lasciato tracce sui muri, scritto segnali per poter fermare una traccia del loro passaggio.
Nella camerata di Capucha c’era uno stanzone per le donne incinta e una piccola sala per il parto, come ho scritto sul post sulle Nonne di Piazza di Maggio, sono nati 40 bambini dentro l’EX ESMA.
Il seminterrato era il luogo in cui venivano condotti giornalmente o quasi per essere torturati, uomini e donne, soffocamento, percosse, scariche elettriche sui genitali, chi non moriva veniva riportato in camerata.
Oltre la tortura avevano anche un tipo di tortura psicologica, i personaggi più di spicco come intellettuali o professori o giornalisti erano obbligati a lavorare contro i loro ideali, ossia diventavano giornalisti del governo o responsabili delle comunicazioni internazionali, in poche parole gli facevano pubblicare articoli falsi a favore del governo, o dare informazioni sbagliate alla stampa estera. Il caso più eclatante fu durante i mondiali del ’78 che un prigioniero dell’ESMA, Lisando Raul Cubas, giornalista sportivo, fu inviato ad intervistare il CT della nazionale, ma temendo che anche egli fosse coinvolto con il regime non svelò il suo segreto. Per tutto il tempo dei mondiali lavorò anche con la stampa estera senza mai dire che era tenuto prigioniero.
Oltre a depredarli di ogni diritto umano e civile, i militari li depredarono anche di ogni avere, infatti a tutte le famiglie che vennero rapite e fatte scomparire vennero espropriati ogni bene, dalla casa a tutto quello che essa conteneva. Si stima che ci siano stati enormi capannoni pieni d’oggetti appartenenti ai 30.000 decaparecidos, per un tempo furono stoccati anche dentro le soffitte del ESMA, poi quegli spazi servirono per contenere i prigionieri.
Il mercoledì era il giorno del “traslado“, così dicevano, le persone sarebbero state trasferite, così i prigionieri restavano con la vana speranza di salvezza.
Il mercoledì invece era il giorno dei voli della morte, narcotizzavano i prigionieri, con un aereo sorvolavano il Rio della Plata e li buttavano in acqua. I primi corpi arrivarono a terra spinti dalle onde, quindi con il tempo migliorarono e li zavorrarono in modo che restassero dispersi nel fiume.
Per questo si chiamano decaparecidos perché i loro corpi non torneranno mai a galla e le loro madri non avranno mai corpi da piangere e da seppellire.
Durante i primi anni ’80 l’Ammiraglio Chamorro, uno dei più crudeli capi del carcere clandestino, decise di trasferirsi nell’ESMA dopo aver divorziato, esattamente nel palazzo degli ufficiali ossia in quella che era la prigione. Portò con se i sui 3 figli di cui un’adolescente, nelle testimonianze del grande processo c’è quella di una amica della figlia del ammiraglio, che racconta che un giorno andò a studiare dalla sua compagna e vide dalla finestra uomini incappucciati e ammanettati che salivano e scendevano le scale. Quando le chiese cosa fossero, l’amica disse, che il padre imprigionava i guerriglieri al piano superiore, ossia il dramma, il terrore la vergogna, erano diventati vita quotidiana.
Già dal 76 in città si sapeva che l’ESMA era in realtà un carcere clandestino e alcuni attivisti fecero arrivare la soffiata alla Corte Interamericana, che nel 79 manda degli ispettori proprio nel ESMA per verificare se ci fosse un carcere. Dato che questa visita fu annunciata i militari ebbero il tempo di traslare tutti i detenuti e non solo, di fare lavori strutturali per cambiare l’assetto del edificio per non farlo combaciare con le dichiarazioni dei pochi superstiti. È per questo motivo che fu murata una scala e un ascensore. Ovviamente la Corte Interamericana fece un rapporto nullo.
Il dramma storico continua anche dopo la fine della Guerra Sucia, perché forse non c’è cosa peggiore che vedere impuniti chi ha usurpato e violentato ogni tipo di diritto umano.
Nel 1984 il neo presidente Alfonsin apre il Juicio al Junta, più di 2000 processi nei confronti dei militari ritenuti responsabili di abusi, torture e sparizioni, ma il Governo, dopo breve tempo, varò le due leggi dette Legge del punto finale (Ley del punto final) e Legge dell’obbedienza dovuta (Ley de la obediencia debida) che di fatto estinguevano o bloccavano i procedimenti che erano stati disposti a carico delle persone coinvolte nei crimini commessi fino al 10 dicembre 1983. Per aggravare il senso di frustrazione nel paese, nel 1989, fu concesso l’indulto per i reati ascritti a militari e politici; tali leggi tuttavia furono dichiarate incostituzionali dalla Corte Suprema di Giustizia Argentina solo nel giugno 2005, sotto la presidenza di Néstor Carlos Kirchner, consentendo la riapertura dei processi. Purtroppo non solo questi criminali hanno vissuto indisturbati in libertà, al fianco delle famiglie delle persone che hanno trucidato, ma una volta condannati nel 2004 molti di loro hanno goduto degli arresti domiciliari data l’età avanzata o ancora peggio sono morti prima della condanna, ad oggi alcuni sono ancora in attesa di giudizio.
L’edificio del Ex ESMA è diventato prova processuale, infatti i pochissimi supestiti hanno descritto cosa avveniva lì dentro, mostrando anche le flebili tracce che avevano lasciato sui muri o per le scale.
Ad oggi il complesso dell’EX ESMA è monumento alla memoria “Espacio Memoria Y de Derechos Humanos”, l’ingresso è gratuito, si può visitare il palazzo degli ufficiali, ossia l’ex carcere solo con una visita guidata prenotabile sul sito: www.espaciomemoria.ar
L’EX ESMA vuole ricordare tutte le assenze i diritti umani del paese perché non si ripeta “Nunca Mas” [nome del terribile rapporto sulla dittatura]. L’edifico Haroldo Conti è il simbolo di tutta l’intellighenzia uccisa dalla dittatura, Haroldo Conti era un giornalista e scrittore, che non si è mai tirato indietro dal denunciare quello che stava accadendo nel suo paese, una persona alla quale la paura non ha chiuso la bocca, l’hanno dovuto “far sparire” per farlo tacere. Il bellissimo edificio intitolato a suo nome è spesso luogo d’esposizioni e di rassegne di cinema.
C’è la sede della associazione de Las Abuelas de Plaza de Mayo di cui parlo in questo post e quella delle Madres de la Plaza de Mayo, di cui parlerò a breve. È interessante vedere come con il nuovo governo Macri siano stati tolti tutti i fondi a queste associazioni storiche e soprattutto di importanza centrale per il paese. Conservare la memoria è l’unico strumento pacifista che si possa usare sulle folle, per evitare che la stupidità e l’ottusità del potere ci porti ancora a vedere scene d’orrore e di ingiustizia. Il governo attuale ritiene la memoria un modo per guardarsi indietro senza andare avanti, peccato che l’identità di un paese debba sempre tener ben chiara la propria storia per poter avanti senza cadere in errori pregressi. Per fortuna la forza dei lavoratori volontaria vale più dei fondi di Macri e loro stanno andando avanti gratis, perché come mi ha detto una delle madri di maggio mentre andavo via ” Torna nel tuo paese e dì loro che noi non ci fermeremo mai!”