Daniele: lungo viaggio in Sudamerica con bus, van e bicicletta e in nave fino all’Antartide

Ciao a tutti! Mi presento: sono Daniele Cinquini, ho 32 anni e vengo dalla provincia di Bergamo. Da tempo vivevo e lavoravo a Torino come designer e ogni volta che ne avevo la possibilità mi fiondavo in viaggi più o meno lontani ma purtroppo sempre vincolati dalle tempistiche degli impegni lavorativi. Negli anni la mia voglia di scoprire posti nuovi in solitaria è cresciuta sempre di più, fino a farmi decidere di licenziarmi, mettere insieme tutti i risparmi e iniziare a viaggiare a tempo pieno. Per chiunque volesse seguire i miei viaggi o vedere le mie foto, trovate tutto sulla mia pagina facebook Sud America Zaino in Spalla – Daniele Cinquini. 

 

1. Come mai hai scelto il Sudamerica per il tuo lungo viaggio? 

Ci sono varie ragioni: anche non essendoci mai stato, era un continente a cui ero molto legato. Lì vivono vari amici che non vedevo dai tempi dell’università e che volevo andare a trovare, e che mi avevano sempre entusiasmato con i loro racconti di luoghi bellissimi da poter esplorare. 

Poi c’è stato il mio viaggio a Cuba nel 2017, dove mi sono immerso per la prima volta nella cultura latinoamericana e me ne sono innamorato definitivamente. Questo mi ha portato a scegliere la Colombia, il più caraibico dei Paesi sudamericani, come prima tappa del mio lungo viaggio nel continente, creando una sorta di continuità con le mie esperienze precedenti. 

Rispetto all’Asia, altra classica destinazione da backpacker e ancora più economica per chi viaggia, l’America del Sud e quella Centrale hanno il grande vantaggio di non necessitare visti, ma soprattutto quello di poter comunicare davvero al 100% con la gente del posto, cosa secondo me fondamentale per godersi un viaggio a lungo termine. Basta conoscere un po’ di spagnolo, ma per noi italiani è davvero semplice impararlo anche in poche settimane! 

2. Hai organizzato molto o ti sei fatto ispirare? 

Devo essere sincero, ho studiato abbastanza, ma più per passione e curiosità che per vera necessità. 

Mi sono messo per mesi a setacciare articoli e siti internet locali per capire cosa sarebbe stato interessante o insolito conoscere. Non volevo rischiare di saltare qualcosa che avrei potuto rimpiangere in futuro… 

Ci sono i grandi classici, certo, ma anche tante piccole realtà che mi incuriosivano, e man mano che incrociavo altri viaggiatori che venivano dalla direzione opposta ascoltavo le loro storie e ne approfittavo per allungare la mia lista. 

Non mi sono mai posto vincoli di tempo, invece. Sapevo a grandi linee quali stagioni evitare assolutamente per sfuggire ai mesi più freddi o piovosi, o quando i trekking venivano chiusi. 

Per il resto mi sono lasciato guidare dal caso, dai mezzi di fortuna che trovavo di volta in volta e dalle persone che ho incontrato. 

3. Come mai hai deciso di procedere in bicicletta? 

Ho sempre amato viaggiare in bici, e dopo mesi lontano dalle due ruote (salvo qualche noleggio qua e là) ne sentivo la mancanza. Soprattutto attraversando in bus il Perù, percorrendo bellissime strade tra deserti e montagne, pensavo a quanto sarebbe stato bello potermi prendere tutto il tempo necessario per godermele a modo mio, senza fretta, come solo la bicicletta consente. 

Avevo già in mente degli itinerari tra Cile e Bolivia, ma soprattutto volevo esplorare delle aree isolate e poco note negli altipiani desertici dell’Argentina nord-occidentale. Per arrivarci esistono tour in jeep estremamente costosi e abbastanza difficili da reperire, e per una frazione di quel prezzo mi sono comprato e attrezzato una bici che si è rivelata perfetta per lo scopo.  

Da sottolineare anche che i trasporti in Cile e Argentina sono molto più cari man mano che si va verso sud, e volevo garantirmi un modo di muovermi economico e flessibile. 

Oltretutto, la bicicletta mi ha permesso di vivere la realtà di zone per nulla turistiche, e di non essere visto dai locali come un “portafoglio ambulante” ma come un tizio curioso e un po’ matto disposto a tutto per carpire l’essenza vera di questo continente. 

4. Credi che ci sia bisogno di un addestramento particolare prima di procedere in bici in quelle zone? 

C’è da considerare che si pedala spesso oltre i 3500m di altitudine, a volte sfiorando persino i 5000, e il corpo ha bisogno di abituarsi. Io per fortuna arrivavo da lunghi periodi in quota e il mio organismo era già pronto. 

Più che a livello fisico secondo me serve tanto allenamento mentale. Ci sono state giornate in cui ho pedalato anche undici ore, con sterrati terribili, vento contrario, pioggia, grandine e l’unico paesino in cui trovare riparo ancora molto lontano… In quei momenti non ci si può permettere di crollare psicologicamente, bisogna avere la forza di andare avanti ad ogni costo. 

Altre strade, soprattutto in Argentina centrale e in Patagonia, sono molto più pianeggianti ma hanno raffiche di venti così intense da impedire di tenere un buon ritmo. Anche lì bisogna avere pazienza e tenere duro.  

Da tenere presente è anche il fatto che per noi, abituati alla geografia e all’urbanizzazione europea, risulta inconcepibile che magari tra un villaggio e il successivo passino anche più di 200km di nulla totale, distanza che magari può essere coperta in 2 o 3 giorni di pedalata. Bisogna calcolare molto bene le scorte di cibo e acqua per essere totalmente autonomi in qualsiasi evenienza. 

5. Come mai secondo te, quando si viaggia in solitaria si finisce per fare incontri speciali? 

Penso che sia per il fatto che quando siamo liberi di decidere cosa fare di giorno in giorno finiamo per fare solo quello che ci piace davvero. E se in quei momenti (un trekking impegnativo, un museo insolito, un tuffo da una scogliera, un viaggio su un pullman sgangherato) incontriamo qualcuno, è molto probabile che sia lì perché condivide le nostre stesse passioni e il nostro modo di viaggiare.  

I punti in comune diventano subito evidenti, e in un attimo sembra di conoscersi già da una vita. 

Da soli si è anche più spronati a parlare e a fare affidamento sulla gente del posto, conoscendo così le piccole sfumature del loro modo di vedere la vita e imparando sempre qualcosa di nuovo. 

6. Come è stato viaggiare in van con dei semi sconosciuti? 

È iniziato un po’ tutto per caso quando mi trovavo in Perù; mentre in Bolivia, la mia meta successiva, stava scoppiando la guerra civile. Tramite i social avevo conosciuto due ragazzi, Marco e Diana, che erano bloccati a La Paz con il loro van, e mi tenevano informato sulla situazione. I disordini peggioravano di giorno in giorno, e alla fine decisi di deviare verso il Cile, il sud della Bolivia (che nel frattempo iniziava a tranquillizzarsi) e poi Argentina. Loro invece si erano diretti verso Santiago non appena sono stati sollevati i blocchi. 

Ci siamo sempre tenuti in contatto, e a Mendoza siamo riusciti ad incontrarci. Inizialmente avevamo in programma di passare insieme qualche giorno visitando le vinerie della zona, poi tra una cosa e l’altra abbiamo iniziato a conoscerci meglio e ad apprezzare lo stare in compagnia, fino a decidere di trascorrere insieme un mese intero viaggiando fino ad Ushuaia.  

Anche se avevamo ritmi e stili di viaggio completamente differenti, non c’è voluto molto per trovare la giusta sintonia. Dopo tanto tempo in giro è sempre bello trovare qualcuno con una storia simile alle spalle e con cui parlare nella propria lingua. 

L’unico problema si presentava quando, alla sera, dovevamo trovare un posto per la notte in cui potessero stare tranquilli sia il loro van che la mia tenda. A me bastava un angolo di terreno pianeggiante e protetto dal vento, loro cercavano più la sicurezza di una zona ben illuminata e magari con una stazione di polizia nelle vicinanze (furti e vandalismo nei confronti di mezzi con targa straniera sono purtroppo abbastanza frequenti). In ogni caso, siamo sempre riusciti a trovare una soluzione. 

7. Come hai organizzato il viaggio verso l’Antartide? 

A Ushuaia si vede pubblicizzato ovunque “la città più a sud del mondo”, “il treno più a sud del mondo”, “l’ufficio postale più a sud del mondo”, ma la mia mente curiosa non accettava il fatto di essere arrivata al capolinea. Solo guardando oltre il Canale di Beagle si vedono altre isole, selvagge e disabitate, e sapendo che oltre quelle, oltre il mare, c’era un continente intero, era come se l’inerzia del mio viaggio verso Sud mi spingesse ostinatamente a continuare. 

Come dicevo prima, una delle linee guida del mio viaggio era quella di non lasciarmi indietro rimpianti. L’Antartide mi ha da sempre affascinato come pochi altri posti al mondo, e una volta arrivato a Ushuaia non mi sentivo in pace con me stesso senza aver almeno provato a trovare qualche offerta per le spedizioni verso il Continente Bianco. Non sapevo bene come muovermi, ma sapevo che in loco si trovano prezzi migliori che non su internet. 

Mi sono recato all’ufficio del turismo per avere una lista di agenzie autorizzate a vendere escursioni last minute, e ho iniziato a girarle una ad una per confrontare le varie offerte.  

8. Quanto è costato? 

Con l’alta stagione appena conclusa e molti viaggiatori provenienti dalla Cina già bloccati dalla quarantena e costretti a rivendere i loro biglietti (era la prima settimana di marzo), i prezzi si sono rivelati molto più bassi di quanto mi aspettassi. Normalmente una spedizione classica di 10 giorni costa tra i 5700 e i 7000 dollari, anche prenotando con largo anticipo, eppure data la situazione mi sono state fatte proposte a partire dai 4500. Ero ancora titubante, è comunque una bella cifra, ma soprattutto prima di partire avrei dovuto aspettare quasi 10 giorni in una cittadina, Ushuaia, decisamente cara per gli standard sudamericani. Un costo ulteriore di cui tener conto. 

Un paio di giorni dopo, quando ormai stavo per rinunciare (avevo già la bici pronta per ripartire, scorte di cibo nelle borse e catena ben oliata), ho riprovato a chiedere in alcune delle agenzie e ho scoperto che i prezzi si erano abbassati ancora, fino a toccare i 4000 dollari, poco più di 3700€, per la nave MV Ushuaia in partenza l’indomani. Nel costo era incluso tutto tranne soft drinks e alcolici, e l’equipaggiamento da neve che ho potuto noleggiare in città per l’equivalente di circa 30€ totali. 

A quel punto mi sono reso conto che un’occasione del genere non mi sarebbe mai più ricapitata, e ho deciso di fare questa follia.   

9. Ci racconti cosa hai fatto lì? 

Il programma prevede due giorni di navigazione per attraversare il Passaggio di Drake, il turbolento punto d’incontro tra gli oceani Pacifico, Atlantico e Antartico. Durante queste giornate, le guide organizzano diversi incontri per presentare la fauna, la geologia, la storia e la meteorologia dell’Antartide, dando chiavi di lettura ad esempio su come distinguere le diverse specie di balene dal loro comportamento o su come capire l’origine e l’età degli iceberg, ma anche su come avvicinare i vari animali rispettando le severissime normative per la salvaguardia di questo raro e delicato ecosistema. 

Il primo sbarco viene effettuato il terzo giorno nell’arcipelago delle South Shetland, per poi proseguire verso il continente vero e proprio.  

Facendo sempre base dalla nave, mediamente si fanno due attività al giorno, che possono variare tra sbarchi in punti d’interesse faunistico o paesaggistico, escursioni in gommone tra gli iceberg o attorno a relitti dell’epoca della caccia alle balene, visite a basi scientifiche e logistiche sulla costa e addirittura una breve nuotata nell’acqua ghiacciata.  

Il fatto di essermi imbarcato su una nave piccola ha permesso a tutti i passeggeri di effettuare tutte le attività. Le navi che eccedono il limite di 100 passeggeri per regolamento devono alternare le attività su due gruppi, offrendo extra come ad esempio escursioni in kayak ma rischiando di dover tagliare qualcosa in caso di rientro anticipato. Ovviamente i programmi vengono adattati alle condizioni meteo del momento, e un valido team di guide è fondamentale per la pianificazione del viaggio. 

Comunque, se si ha la fortuna di trovare un tempo clemente (e devo dire che a me è andata molto bene), davanti agli occhi si apre una vista stupefacente su spazi e colori impossibili da concepire se non dopo averli visti di persona, arricchiti da una quantità impressionante di vita animale, tra cui pinguini, foche, leoni marini, cetacei e uccelli pelagici. 

10. Quali sono i tuoi piani futuri? 

Dopo il rientro dall’Antartide, la mia idea era quella di proseguire in bici risalendo la costa cilena fino a Santiago, da dove avrei provato a spedire in Italia la bici (a cui ormai sono follemente affezionato) e proseguire con mezzi pubblici verso Buenos Aires e da lì Uruguay, Paraguay e Brasile, chiudendo idealmente il cerchio che ho iniziato in Colombia. 

Purtroppo, quando la nostra nave era quasi arrivata a Ushuaia dopo 10 giorni senza contatti esterni, abbiamo scoperto che nel frattempo il mondo aveva avviato il blocco totale dei movimenti aerei e terrestri a causa del virus. Tutti gli stranieri in Terra del Fuoco erano già stati evacuati da giorni, e a noi è stato imposto di completare la quarantena a bordo della nave a spese della compagnia, che poi si è anche occupata di trasferirci con un volo speciale fino a Buenos Aires. Da lì fortunatamente ho trovato in pochi giorni un aereo che mi ha permesso di rientrare in Italia, visto che era evidente che l’emergenza in Sud America fosse solo agli inizi e che non sarebbe rientrata molto presto. 

In tutta questa storia la mia bicicletta è rimasta nel garage di un amico a Ushuaia, e appena sarà possibile tornerò lì per riprendere il mio viaggio esattamente da dove l’ho dovuto interrompere. Se dovessi riuscire a partire per l’inizio dell’estate australe magari potrei allungare la tratta in bici, recuperando la parte settentrionale della Bolivia che non sono riuscito a visitare a causa del caos dell’anno scorso.  

Non intendo comunque riprendere a viaggiare in Sud America prima che la questione virus risulti definitivamente risolta. Innanzitutto per rispetto di Paesi che stanno lottando contro il Covid quasi disarmati e non hanno certo bisogno di gente che possa essere un potenziale vettore di contagio tra regioni anche molto lontane. In secondo luogo, penso che il Sud America sia un continente che non sarebbe lo stesso senza la ressa nei mercati, il cibo di strada, gli abbracci tra sconosciuti, tutto quel calore umano che attualmente non ci può essere. 

Nel frattempo, se la situazione migliorerà a sufficienza, penso di sfruttare questa bizzarra estate per girare l’Italia, sempre in bicicletta, e se le frontiere saranno aperte magari prendere un traghetto tra Puglia e Grecia e rientrare attraversando i Balcani.

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