Quando non c’è più benzina: la crisi creativa in pandemia
Ci chiamano content creator, spesso ci focalizziamo sulla parola “content” e quindi preferiamo essere chiamati instagrammer, blogger, o addirittura influencer, ma la vera questione è che alla base di tutto c’è la parola “creator” e per essere più chiari la creatività.
Fare il lavoro dei propri sogni è bellissimo, poter investire del tempo in quello che più ami è un sogno di molti, ma quello che spesso passa inosservato è che dipende tutto da te, dalla tua capacità creativa, dalla tua capacità di leggere il contesto, la tua community nel nostro caso e dare loro la risposta che stanno cercando.
Se lavori per un portale, il tuo capo di ti dice che devi produrre 700 parole sul nord del Vietnam, tu studi e scrivi, non importa se ci sia mai stato, non importa se conosci davvero il luogo, basta che sia seo friendly (ossia indicizzabile per google) e in taget. Se invece, come nel mio caso, non hai un capo che ti commissiona articoli e li scrivi sulla base della tua esperienza e dei bisogni della tua community tutto cambia, la creatività parte da un’osmosi: quello che tu sai e quello che la community cerca. Senza uno dei due tasselli si blocca tutto.
Questo ultimo anno è stato lavorativamente difficile, la pandemia ci ha cancellato ogni lavoro, ogni progetto e anche ogni visione. Durante il lockdown abbiamo messo in campo ogni tipo di forza, di resistenza (non voglio dire resilienza perché anche basta), ogni tipo di positività, l’estate è stata diversa, intensa, abbastanza una fuga, un dono, nel mio caso molto felice e finalmente con le persone che amo.
Tutto, ogni cosa negli ultimi mesi è diversa dal solito, ogni cosa deve essere ristrutturata, ma non si capisce per cosa.
Per mostrare anche il lato oscuro della medaglia, mi sembra ovvio che noi che lavoriamo nel mondo della comunicazione e marketing legata ai viaggi abbiamo visto un crollo vertiginoso dei nostri guadagni, per non dire una paralisi, ma siamo andati avanti positivi, convinti che il sole avrebbe guarito ogni cosa e portato tutto verso una lenta ripresa, magari diversa, ma pur sempre una ripresa.
Questa seconda ondata di contagi e di restrizioni ha gettato ulteriore acqua sulle braci del nostro lavoro, ma oltre al fatto meramente pratico e quindi economico, mi sono resa conto che la ferita è anche altrove.
Non mi sento più ispirata, non riesco a programmare, a prevedere, a immaginare a sognare, al massimo penso a cosa fare il sabato successivo, sperando che mi facciano ancora andare con il mio cane al parco sotto casa.
Viaggiare mi manca, è ovvio, ma non vorrei essere così banale, non mi manca prendere un aereo per scoprire un posto nuovo, io non sarei stata una di quei passeggeri che hanno pagato un biglietto aereo per sorvolare un aeroporto per 1h e ritornare da dove sono partiti. Mi manca il senso di libertà, la sensazione sognate legata al viaggio, quello che ti catapulta subito in un altro luogo e in un’altra idea.
Viaggiare in Italia mi piace un sacco, non ne sono affatto annoiata, quello che è cambiato è la trasformazione delle mie esperienze in elementi del mio lavoro.
Ho sempre scritto di luoghi lontani, magari non facilissimi, o di esperienze di sport, di come l’incontro con lo sconosciuto potesse essere bello e arricchente, ora tutto questo è un ricordo. Ci sono più di 1500 articoli sul mio sito che so che nessuno leggerà in questi mesi, che non possono interessare a nessuno è come se tutto quello che mi trovo a fare sia in realtà inutile, come parlare in pozzo, fa tanto rumore ma poi l’eco arriva solo a te.
Lavori di anni sospesi in un limbo, spero che prima o poi qualcuno tornerà a leggerli e che possano finalmente aiutare anche un solo viaggiatore a non fare i miei errori.
Se lavori sul web sai che non puoi fermarti, non puoi smettere di produrre contenuti, google te la farà pagare, ma scrivere pensando che nessuno leggerà mai quello che hai creato è avvilente. Non ci crederete ma la cosa che mi piace di più del mio lavoro è quando un articolo diventa virale, tu scrivi qualcosa, ci metti tutta te stessa, magari 2 giorni per un solo articolo e poi boom! Migliaia di visualizzazioni in un giorno, ecco questo è il piccolo orgasmo dei blogger, è quello che cerchiamo ogni volta, come una pera di eroina, ma nella vita nomale dipende da quanto tu sei stato bravo con la SEO e da un pizzico di fortuna, ora invece dipende al DPCM della sera prima.
Questo post è uno sfogo, infondo i blog sono nati per questo negli anni ’90 no?
Mi manca l’adrenalina che accende la mia creatività, la mia energia produttiva.
Pensare di produrre contenuti che non serviranno a nessuno ti brucia dentro, ti distrae, ti porta ad allungare ogni tempo. Mi annoiano le mie foto, mi annoiano gli articoli che scrivo, trovo tutto banale e tutto irrilevante in questo momento.
Ho trascorso recentemente 2 settimane in Puglia e oltre a viaggiare ho lavorato alla creazione di un paio di bellissimi progetti di crescita e di yoga. Dietro un retreat comportamentale c’è molto studio e ricerca, sono nel pieno di questo progetto creativo e poi penso “e se non lo posso più fare?” È un po’ come se ogni volta che trovassi il modo per continuare a lavorare, per continuare a produrre qualcosa di valore, la situazione globale lo spegnesse.
Ovvio che ci sono migliaia di persone che si trovano in situazioni peggiori delle mie, non lo metto in dubbio, non voglio lamentarmi della mancanza di lavoro, sto solo ragionando su quanto tutto questo abbia castrato la mia creatività e la mia produttività.
Ho sempre sonno, passerei la vita sul letto a fare le coccole a Frida, ed in effetti dedico molte ore anche a quello (per fortuna), mi sento spenta dentro, non riesco a mettermi al computer a scrivere, lo trovo inutile, non riesco a fare progetti, tanto poi li cancellano, ovviamente sto iniziando a pensare ad uno sviluppo alternativo del mio lavoro se questa situazione non cambierà a breve, ma non è esattamente molto facile, specialmente perché io amo quello che faccio.
L’energia della mia vita non la trovo solo con i viaggi ovviamente, ma molto anche con le persone che ho scelto d’avere lungo il mio cammino. Anche se non mostro mai questo aspetto sui social per privacy, io sono una persona molto “social” ho una vita sociale davvero intensa, molti amici, sono molto aggregatrice, mi piace riunire persone da gruppi diversi, andare di bar in bar a salutare persone e questo ovviamente è totalmente bloccato ora, ogni incontro con le persone è complesso, giustamente, ma non posso nascondere che abbia un impatto sulla mia emotività. Più tempo passa e più capisco la ferita profonda che questo distanziamento sta producendo in ognuno di noi, non solo nel portafogli, ma nel cuore e anche della mente, o forse dovrei dire nella sua capacità creativa, nel mio caso.
E da questo non voglio concludere con pillole da guru digitale, voglio solo condividere con la mia community questo sentire, dato che siete voi la linfa della mia voglia di lavorare. Ho parlato di questa tematica su Instagram e sono stata invasa dai messaggi e questo mi ha reso molto meno sola. Credo che nonostante le tragedie in cui siamo immersi in questi mesi, dovremmo avere il coraggio di esternare il nostro disagio, di parlarne, magati sul web, magari con gli amici o con qualcuno che amiamo, e credo che ci farà bene. Penso che questo “andrà tutto bene” ad oltranza e senza testa non ci porti da nessuna parte, fermarsi e dire “sto soffrendo per questa situazione”, sia un atto di onestà mentale e magari ci proteggerà da sviluppi peggiori della nostra psiche. Se anche voi vi trovate in una situazione simile, sappiate che non siete soli. Credo che anche capendo la gravità della situazione e avendo coscienza di non essere nella situazione più drammatica possibile, sia giusto poter esternare un proprio disagio, qualunque esso sia.
ciao, capisco perfettamente il tuo disagio. non so se quello che sto per dirti può essere in qualche modo consolante, ma io leggo i blog di viaggio più adesso che non si può viaggiare di prima quando potevo. forse sono un pubblico di nicchia, ma proprio adesso che sono bloccata a casa cerco un modo di viaggiare con la mente attraverso le parole e le suggestioni di chi è stato in un determinato posto e me lo racconta.
in realtà sono sempre stata più una lettrice da “sono stata nel nord del Vietnam e questi sono i momenti più emozionanti del mio viaggio” che “dieci posti dove mangiare nel nord del Vietnam” (chiaramente sto banalizzando).
forse, per chi fa il tuo mestiere, adesso c’è ancora questo spazio: raccontare le emozioni (che è anche quello che stai facendo con questo post), prima ancora degli itinerari e delle informazioni utili.
non sto dicendo che non lo facessi anche prima, sto solo dicendo che non è vero che non leggiamo più i tuoi articoli (io mi sono trovata a leggere anche articoli molto vecchi di vari blog, proprio perché mi aiutavano a trasportarmi lontano da una dimensione che mi sta stretta).
in bocca al lupo
Grazie Claudia si di sicuro quello che dici mi tira su di morale e mi suggerisce nuovi articoli da fare