Miglierina come a casa: in Calabria per tornare alle radici

Cosa si cerca quando si fa un viaggio? Diciamo che la prima volta che mi sono posta questa domanda era nel 2009 e poi ci ho costruito una ricerca sopra. Quale è la motivazione che spinge verso un luogo o semplicemente ci porta ad aprire la porta di casa? Semplice: dipende dalla nostra personalità. Non tutte le persone cercano la stessa cosa, non tutte le persone sono in uno stato o fase della vita simile. C’è chi cerca il prestigio, chi la conoscenza, chi nuove amicizie, chi mettere alla prova i propri limiti e c’è chi ha una motivazione individuale basata su un bisogno di rilassarsi e ricaricarsi. Direi che al momento è diventata proprio una esigenza. Non so voi ma io mi sono accorta che non riesco a stare seduta sul divano a guardare un film senza fare niente, ho sempre bisogno di avere un cellulare, un computer o qualcosa altro da fare mentre vedo la TV. Quindi anche l’unico momento della mia giornata, escluso lo sport, che ho sempre dedicato al relax ora è comunque sempre collegato con il mio lavoro. E come si fa per staccare? Si va a Miglierina!

Io come credo sappiate, vivo a Roma, diciamo che la mia vita è articolata su per giù così: devo fare la spesa, vado al mercato (il supermercato per me è off limits) mi serve il prosciutto, vado in salumeria, mi serve un vestito, apro internet, voglio incontrare i miei amici, controllo gli eventi della capitale. Sono bastati 50 minuti di aereo e meno di mezz’ora di macchina per portarmi in un altro pianeta.

Miglierina, un minuscolo paese in provincia di Catanzaro, ci vivono solo 800 persone, è a circa mezz’ora dal mare, nel mezzo dell’istmo quindi vicinissimo sia per la costa ionica che quella tirrenica. Si trova in alta collina, in 20 minuti si arriva a più di mille metri d’altitudine. Ci sono due belle chiese, a Santa Lucia c’è anche una piccola reliquia di un osso della Santa. Buona parte del centro storico è ristrutturato, ma ci sono ancora delle case antiche molto scenografiche anche se inabitabili. C’è un hotel diffuso, appena ristrutturato e molto accogliente e decisamente economico, Il Miglio, un ristorante, l‘Osteria dei Mastri, e un risto pub, il Vecchio Borgo.

Ok quindi uno va a Miglieriena e che fai?? Ti fai coinvolgere dalle persone. Il valore aggiunto di questo paese è la sua comunità, tutti ti aprono letteralmente la porta per mostrarti con orgoglio quello che hanno e per coinvolgerti in quello che per loro è “naturale” mentre per noi è speciale e unico.

Sarò più concreta.

Miglierina come a casa

Gli incontri di Miglierina

La Signora Caterina.

Il panificio Nonna Anna di solito fa i corsi di cucina per imparare a fare i dolci, i fragumi per essere esatti, ma la signora Anna quando ci sono andata io ha avuto un problema, così la signora Caterina mi ha letteralmente aperto le porte delle sua cucina per insegnarmi a fare i fragumi, dolci e salati. Due ore di profumi di forno, ricotta fresca e farina.

La Signora Antonella.

Che i capi fatti al telaio siano di valore è indubbio, che sia difficile una certezza, ma in pratica come si facciano lo sanno in pochi. Così la signora Antonella mi ha accolto nel suo studio. Qualche anno fa il comune aveva incentivato la nascita di una cooperativa femminile che recuperasse le usanze calabre di tessere al telaio. Purtroppo i lavori manuali però appassionano sempre meno persone e così la signora Antonella si è ritrovata a tessere da sola. Telaio, tombolo e ricamo, un processo completo per creare opere d’arte tradizionali. Mi ha mostrato un libro con tutti dei pizzi attaccati, dice che è l’antica maniera di tramandarsi i lavori. Prima le signore non sapevano leggere e scrivere così raccoglievano tutti i tipi di pizzo che sapevano fare in un libro e le loro figlie lo imparavano contando i punti. Come accade quando non sai fare una cosa, fino ad allora mi ero soffermata solo su un’aspetto del telaio: la tessitura. La Signora Antonella mi ha mostrato, in diretta se si può dire, cosa vuol dire veramente preparare il filo, ossia quello che si chiama ordito (per il quale servono minimo 3 persone) e come si monta questo filo sul telaio, quanto importante è difficile sia farlo, anche per questa attività servono dalle 4 alle 5 persone. In pratica prima di iniziare a tessere servono 5 giorni per preparare il telaio, sperando di non aver fatto errori, altrimenti si perdono centimetri di stoffa. Dopo due ore in stanza con Antonella ho iniziato a vedere le tessitrici come delle artiste incomprese, mamma mia quanto è difficile ora capisco veramente perchè dovrebbe costare tanti soldi.

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La famiglia Scalise

Si parla tanto di chilometro zero, di produzione bio, di orto collettivo. Ma poi tu un campo di cime di rapa lo hai mai visto?? Io no! A Miglierina si può scegliere di trascorre del tempo in una vera azienda agricola, ma non nel senso di degustazione di miele e formaggi, nel senso che se ti perdi nella quotidianità della vita dei campi. La stagionalità, questo concetto che spesso si segue solo come ideale e poi vai al mercato e una frikkettona chiede le melanzane a dicembre!! Ecco dagli Scalise non ti puoi sbagliare loro hanno circa 45 ettari, puoi accompagnarli nei loro lavori, puoi chiedere di imparare di più su quello che stanno facendo o semplicemente puoi prendere uno dei loro cavalli e passeggiare sulla collina. Quasi ogni punto della loro terra è vista mare o meglio vista mari, vi prometto un tramonto che non vi dimenticherete facilmente.

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Nonno Antonio e Nonna Peppina 

Se mi dovessero chiedere cosa ha un nonno di così speciale non avrei dubbi: gli occhi. Solo i nonni guardano così i nipoti, solo i nonni non hanno aspettative, non vogliono il riscatto dei loro fallimenti, non devono insegnare, possono solo amare. Così ho avuto fortuna lo ammetto, ben due nipoti mi hanno portato nella terra dei loro nonni, in una casetta d’appoggio che nonno Antonio usava quando faceva il pastore. Prima di arrivare nella casetta trovo una grande poltrona rossa sul ciglio di una collina, penso che sia lì per essere buttata e chiedo a Valerio a cosa serva. “È di nonno Antonio” mi dice sorridendo, “l’ha messa lì papà, così si può sedere e osservare la vallata, dice che da quando è in pensione gli manca la natura” E come dargli torto anche a me mancherebbe quella vista variopinta che sfocia sul fiume Amato. Scendo il piccolo sentiero e mi ritrovo in questa casetta esposta a sud; postura ferma, spalle larghe, un paio di occhi azzurri profondi come il mare calabro, è Nonno Antonio, orgoglioso di mostrarci quella che è stata la sua vita per più di 40 anni.

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“Le capre sono state la mia vita, ora che sono in pensione mi manca stare tra i monti quindi vengo qui lo stesso anche se non devo più lavorare anche perché, dopo un paio di chiacchiere in paese che devi fare!” E così mentre prima con le capre ci lavorava ora si diverte, le cura, le coccola, le aiuta a partorire e quando può fa un po’ di formaggio per i suoi 10 nipoti. È così che Nonna Peppina mi ha mostrato come si fa il formaggio! A mano, nelle fuscelle di vimini! Vedere una vecchina di 77 anni china su un pentolone da 15kg sul fuoco a legna, dimenarsi come un’anguilla mi ha davvero stupito. Era tutto così naturale così semplice, così abitudinario, sarei stata ore a guardarla. Ho chiesto ai nipoti se sapevano fare anche loro il formaggio e mi hanno risposto come avrei risposto io. “l’ho visto fare mille volte, so come si fa, ma non l’ho mai fatto” È successa una cosa simile anche a me, ho trascorso tutta la vita ad osservare mia nonna fare tutti i giorni la sardenaira (una specie di pizza tipica sanremasca) che quando è morta nessuno ha saputo più rifarla, sembrava semplice, ma evidentemente non lo era.

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Nonno Antonio, come ogni calabrese doc che si rispetti, suona benissimo la fisarmonica, così tra un tempo e l’altro della preparazione del formaggio potete distrarvi un po’ e magari farvi insegnare a ballare la tarantella, molto simile a quella campana, ma non uguale.

A proposito di tarantella ho scoperto che il costume tipico calabrese si chiama “pacchina” perché si usava mettere capi molto colorati e diversi l’uno dall’altro. Nella tradizione c’era un solo vestito per la festa e l’importante era farsi vedere! Mi hanno raccontato che il colore del sottogonna serviva ad indicare se la donna era sposata a o meno, così quando ballava gli uomini sapevano se si potevano avvicinare o era meglio di no. Strano, ma ho visto una cosa simile anche a Taquile Perù, è proprio vero che tutto il mondo è paese.

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Il Bar Guzzi

Si dice sempre che in un piccolo paesino il bar di paese è il centro dell’universo e il bar Guzzi è il centro di Miglierina, è aperto dagli anni 60, è il caso di dire che tutti passano da lì. L’aspetto è come dentro un film anni ’80, alluminio anodizzato, cartellone con la pubblicità dei gelati, foto dietro al bancone vicino la macchina del caffè, eppure tutto quello che vi offrono lo fanno loro, a mano! Anche il prosciutto e la soppressata, ed Emilio ti risponde sempre con un sorriso che ti scalda il cuore.

Il sindaco

Perché un paesino non è mai troppo piccolo per innovare. Il sindaco di Miglierina il giovanissimo Pietro Guzzi ha portato grazie all’associazione culturale I-Sharing la stampa 3D a Miglierina. L’associazione si occupa di vagliare e sviluppare progetti no profit, il loro sogno sarebbe quello di strutturare un filo diretto con il territorio, creare dei prodotti che rispondano ad offerte innovative dei miglierinesi o dei turisti che la visitano. Il centro è visitabile su prenotazione, consiglio di farlo perchè è davvero in centro e gli ingegneri che ci lavorano sono davvero appassionati.

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I giovani dei giardini

Quanti ragazzi vivono a Milgierina? Circa 15 e come mi ha detto Valerio, il muretto dei giardinetti è riservato a loro ogni giorno dell’anno! Direi che quindi non serve il cellulare per sapere cosa fare la sera, basta “scendere ai giardinetti”, una chiacchiera, una risata, e nella maggior parte dei casi; un po’ di vino rosso e soppressata. Mi hanno spiegato che a Miglierina ogni famiglia ha un maiale e i salumi si fanno ancora tutti a mano nella soffitta di legno. L’importante è l’affumicatura, si lasciano appesi per qualche settimana, per dare loro sapore, in una stanzetta all’ultimo piano con le tegole un po’ morbide in modo che l’aria circoli e che il fumo scappi.. ma non troppo.

Miglierina come a casa

I cammini

Le signore andavano al mulino, quello vicino al fiume, dove la macina lavorava, ore e ore a piedi per un solo sacco di farina e poi sù ancora una volta. I ragazzi invece andavano al fiume per divertirsi, perché che senso ha scendere fino al mare quando l’acqua ce l’abbiamo qui vicino. Invece oggi si va al fiume per fare il pic nic al sole, perché lì ora ci hanno messo il forno a legna.

Miglierina come a casa

Nella valle del fiume Amato ora partono diversi cammini da poter fare a piedi o in mountain bike che si riallacciano anche con le valli dei comuni limitrofi come quello di Tiriolo dove c’è anche il castello di epoca normanna.

Se volete altre info magari più pratiche sull’offerta turistica di Miglierina visitate il sito www.vistimiglierina.com

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