Elisabetta: Mi prendo un anno sabbatico: vado a scrivere in Oman!
Partire è sempre stata la mia attività preferita. Sognare, conoscere, scrivere e fotografare, una conseguenza del mio partire. Sono un’insegnante di ruolo di 40 anni e mi sono stancata del posto fisso: ho così deciso di prendermi un anno sabbatico tutto per me, un’aspettativa da tutto e da tutti. Per realizzare un sogno: scrivere. E invertarmi una nuova vita che mi riempisse di gioia ogni mattina al risveglio. Io non sono ciò che c’è scritto nel mio curriculum: io sono altro. Un anno di disturbi psicosomatici mi dicevano che non ero più me stessa. Sono fermamente convinta che la felicità non possa attendere, e così sono partita da sola per un viaggio che mi ha portata lontano: mi sono persa, ritrovata, e ho finalmente imparato ad avere il coraggio di ascoltare ciò che la mia voce interiore mi diceva. E di seguirla senza esitazioni. Elisabetta. Segui le mie cronache semiserie di viaggio sul mio Blog: www.toohappytobehomesick.com
1.Cosa ti ha spinto in Asia?
Due anni fa avevo fatto un’esperienza di volontariato di otto mesi in Cambogia. Al mio ritorno, ho risparmiato per un anno intero continuando il mio lavoro di insegnante di inglese a Torino, per permettermi un secondo periodo di aspettativa, stavolta per cercare un lavoro all’estero: avevo bisogno di un cambiamento. Ho quindi trascorso un anno in Italia pianificando una nuova vita a Phnom Penh. Quando poi sono tornata in Cambogia, dopo un paio di settimane ho capito che stabilirmi là per un anno intero non era più ciò che desideravo. E così ho cominciato a cercare su internet annunci di lavoro in Asia, soprattutto di insegnamento delle lingue italiana e inglese. Di lì a poco ho risposto a un annuncio in cui cercavano un‘insegnante di italiano in Cina. E dopo poche settimane mi sono ritrovata nella periferia di Ningbo, a tre ore da Shangai. A insegnare inglese.
2. Quale è stato il tuo itinerario fino ad ora?
Dopo la Cambogia avevo fatto tappa in Vietnam, dove feci il visto per la Cina. La mia esperienza cinese durò meno di due mesi: non faceva per me. Da lì è stato un continuo girovagare, per fare alcune esperienze che sognavo da sempre: meditazione vipassana in Myanmar, relax puro nel sud della Thailandia (dove ho finalmente iniziato a scrivere, aprendo un blog tutto mio), e un breve soggiorno in Malesia. Poi il destino ha deciso per me.
3. Come mai hai scelto l’Oman come paese per fermarti?
Come accadde per la Cambogia, anche in questo caso fu l’Oman a scegliere me. Avevo deciso di andare a trovare un’amica iraniana a Tehran. Prima, però, un’amica che lavora in Oman mi disse di andare a trovarla. Passare da mesi nel Sud-Est Asiatico alla vita del Medio Oriente fu uno shock non da poco: e infatti decisi che, dopo l‘Iran, sarei ripassata da Muscat a prendere la mia (enorme) valigia e sarei tornata a Kuala Lumpur. Una volta tornata, un’agenzia locale mi chiamò per guidare un gruppo di turisti italiani che facevano tappa a Muscat con la nave da crociera. E così alcuni giorni dopo. Mi dissi: “Bene, così guadagno due soldi per pagarmi il biglietto aereo per la Malesia”. Sono passati un bel po’ di mesi da allora: sono ancora qua. A scrivere e viaggiare, guidando turisti in giro per l’Oman.
4.Come è per una donna viaggiare e ora vivere in Oman?
L’Oman è uno degli ultimi paesi al mondo con un tasso di criminalità bassissimo: posso uscire alle due di notte nel mio quartiere in tutta sicurezza. E’ un paese bellissimo dal punto di vista naturalistico, e molto diverso dall’Italia in quanto a cultura, storia e tradizioni. Questo lo rende interessante e affascinante, ma anche difficile, soprattutto all’inizio. Bisogna abituarsi agli sguardi insistenti degli uomini, non abituati alla libertà della donna occidentale. Ci si deve adattare alla cultura locale, e quindi a non indossare abiti succinti e top, pur con 40 gradi. Pur essendo l’Oman un paese musulmano tollerante e pacifico che non obbliga nessuno (neanche le donne omanite) a indossare l’hijab – il foulard che copre il capo – non bisogna dimenticare che siamo noi gli ospiti, e quindi è fondamentale il rispetto delle usanze locali. Inoltre, la vita sociale qui è molto diversa da quella europea: occorrono spirito di adattamento, poca paura della solitudine e prendere certe situazioni con senso dell’umorismo: tutte cose che non devono mai mancare in una viaggiatrice solitaria non solo in Oman, ma ovunque nel mondo.
5. Cosa suggeriresti a una donna che vuole viaggiare da sola in Oman?
Visitare l’Oman in solitaria, senza l’appoggio di un’agenzia, è possibile, ma richiede tempo per organizzarsi in loco e disponibilità economica: non è un paese a basso costo. E’ possibile girarlo con gli autobus, e organizzarsi (e trovarli) richiede tempo. Per andare nel deserto è necessario affittare un fuoristrada e avere un autista esperto. Per questioni logistiche e per l’asprezza del territorio, ritengo quindi non facile viaggiare da sole in Oman. Tutto è possibile, però, per gli spiriti avventurosi!
6. Cosa hai imparato dal popolo mediorientale?
Dagli omaniti sto imparando a prendere la vita senza affanno: agitarsi non serve a nulla se non a rovinarsi la salute. Meglio affidarsi al destino, accettandolo per quello che è: lui sa cos’è meglio per noi. Inoltre, il popolo omanita mi ha insegnato a considerare l’altro non per la funzione che svolge nella società, ma prima di tutto come essere umano.
7. Trovi che in Oman ci siano effettivamente più possibilità lavorative?
In Oman a mio parere non ci sono molte possibilità lavorative, a meno che tu non sia un madrelingua inglese con l’abilitazione a insegnare la lingua agli stranieri. Oppure se si è altamente qualificati, ad esempio nel campo del marketing.
8. In questi 10 mesi tu come sei cambiata?
Prima di tutto, non ho più paura della solitudine in viaggio. Viaggiare da soli porta inevitabilmente a vivere momenti di scoraggiamento e di incertezza. A volte può pesare il consumare un pasto da soli, in mezzo a tavoli occupati da persone in compagnia. Inoltre, la solitudine ti porta a dover ascoltare ciò che il cuore ti rivela su di te, sulla tua vita. Credo di essere riuscita a superare il timore di contare solo su di me. Ho anche imparato quanto sia importante non farsi influenzare da chi ci vuole frenare nella realizzazione dei nostri sogni. Se si sente dentro che ciò che desideriamo fare è la cosa giusta per noi, non bisogna ascoltare nessuno e prendere una decisione. E’ fondamentale anche non farsi frenare dalla paura di non farcela: se uno è infelice, deve cambiare qualcosa. Oggi non ho più le paure che avevo dieci mesi fa, quando temevo che dopo pochi mesi di viaggio sarei tornata a casa con la coda tra le gambe e la testa bassa, senza un soldo e con i miei sogni infranti. Ho capito che se quello che stiamo per fare è ciò che ci rende davvero felici, le porte si apriranno come per miracolo. Anche quelle che ci porteranno lontano da dove pensavamo dovessimo andare.
9. Ci racconti una cosa che hai fatto che non avresti mai pensato di fare prima di partire?
Non avrei mai pensato che mi sarei avventurata in un viaggio in Iran da sola, tentando la strada del visto all’arrivo in aeroporto, senza alcun piano di viaggio: sono andata per il piacere di poter visitare finalmente l’Iran, un mio desiderio da anni, sfidando pregiudizi e paure. Erano le due di notte, ed ero sola, su un pullman di soli iraniani diretto a Shiraz. Sono scesa in un’area di sosta in mezzo al nulla per andare in bagno, scortata dall’autista del pullman passando tra camionisti che mi illuminavano a giorno con i fari, immagini degli ayatollah e bandiere ovunque. In quel momento mi sono chiesta: “Ma cosa ci sto facendo, io, qua?”. E poi mi sono fatta una bella risata (per non piangere!). L’indomani era l’ultimo giorno dell’anno: l’ho trascorso in casa di una famiglia iraniana meravigliosa conosciuta per caso (ma nulla accade mai per caso), a gustare piatti prelibati fatti in casa e discorrere di politica, piani di fuga, ingiustizie e cultura: ho capito che gli iraniani non sono ciò che i media vogliono farci credere. Ero felice di essere là: non avrei voluto essere da nessun’altra parte.
10. Progetti per il futuro?
Tra poco dovrò tornare in Italia perchè la mia aspettativa dalla scuola terminerà. Intanto continuerò a scrivere per un sito di viaggi con cui ho iniziato una collaborazione, e sul mio blog, nell’attesa di scoprire se potrò prendermi un altro anno sabbatico. Altrimenti, dovrò meditare se mollare tutto per continuare a viaggiare, e magari tornare in Oman. Il posto fisso e le quattro mura di una scuola o di un ufficio non fanno per me. Il mio obiettivo è conoscere altre culture, scriverne e fotografare volti e situazioni: è questo che mi fa sentire viva. Non voglio progettare troppo, però: come si dice, life happens when we’re busy making plans.