9200km in moto da solo tra Caucaso Georgia e Armenia

Elvio, 57 anni abruzzese, 9200 km percorsi con la sua BMW 1150 gs Adv del 2003 tra Caucaso, Georgia ed Armenia

Tutti i viaggi iniziano in un’officina con la messa a punto della moto. Il mio inizia una quindicina di giorni prima della data stabilita nell’officina Due Ruote di Giulianova dove Mauro e Luigi , due amici , fanno il tagliando di rito prima di un viaggio.

La mattina dell’8 luglio già fremo e alle 9 sono in viaggio per Brindisi. La traversata è breve ed alle 4.00 sono a Igoumenitsa. Parto subito nonostante sia notte fonda in direzione Alexandropolis percorrendo la A2 greca per 622 km.

Sosta in albergo ed il mattino di buon ora dopo aver fatto il pieno attraverso la frontiera turca. In Turchia la benzina sfiora i 2 € al litro. Il caldo intorno alle 11 è torrido ed attraversare Istanbul non è piacevole. Poi mi rincuoro quando vedo i tiranti del ponte sul Bosforo: welcome to Asia. La tappa di oggi non prevede una meta, voglio fare più chilometri possibili. Mi fermo a Tosya dopo 870 km.

La mattina sveglia e colazione presto, la vera meta si avvicina ma ho ancora una tappa in Turchia…. La Turchia è grande.

Proseguo attraverso una serie interminabile di cantieri stradali. Strade di montagna si alternano a discese e pianure e la temperatura sale e scende costringendomi più volte a fermarmi per adeguare l’abbigliamento.

Alle 20,15 sono in albergo a Erzurum dopo aver percorso 780 km. Domani si entra in Georgia.

L’ultimo scorcio di Turchia mi riserva una piacevolissima sorpresa. L’Anatolia è bellissima con paesaggi mozzafiato (1 e 1 bis), un valico a 2550 metri e poi giù verso Posof e poi alla ricerca della strada per arrivare al confine di Turkgozu. Le formalità sono veloci e poi timbro sul passaporto e subito cambio di moneta, adesso si ragiona in Lari la moneta georgiana. Subito pieno di benzina, qui costa poco.in moto da solo

Inizio a godermi tutto quello che mi circonda. Piccoli paesi di confine dove la gente ti guarda e si avvicina. Offro una sigaretta ad un signore che continua imperterrito a parlarmi in georgiano. Riparto, la strada è buona tanto che la sosta prevista a Akhaltsikhe la cancello, si punta a Tbilisi.

Mi fermo in una piccola locanda dove a fatica riesco ad ordinare qualcosa e faccio il primo assaggio di un piatto tipico, il kaciapuri una sorta di focaccia ripiena di formaggio. Riparto e dopo un totale di 560 km sono arrivato. Decido di fare 3 giorni base a Tbilisi.

Il giorno dopo con moto leggera senza bagagli parto in direzione Kazbegi , la Military Road che mi porterà fino ai confini con la Russia. Attraverso la E117 passo per il bellissimo castello di Ananuri  sul lago di Zhinvali. Poi su verso Gudauri. Si valica a 2300 metri attraverso una serie di cantieri, melma, sassi, mucche e camion senza regole che come unico scopo hanno quello di evitare le buche. Il sito Waze.com tra le 19 strade più pericolose al mondo ha inserito questa.

A Kazbegi è d’obbligo fare visita alla trecentesca Chiesa della Trinità di Gergeti che si trova in cima ad una montagna. Un servizio di 4×4 accompagna i turisti. Io decido di salire in moto.

La strada s’inerpica per una decina di chilometri, è tutta sterrata con grossi ciottoli pericolosi. Ad un tratto s’impenna ed io sento la moto strappare sotto i colpi di gas, poi ad una curva vado giù.

Niente di rotto, ne io ne la moto ma una forte contusione alla schiena mi impedisce di rialzare la piccola.
Aspetto che passi qualcuno ed infatti un giovane mi aiuta a rialzare la moto. Immancabile spunta fuori un giapponese che con macchina fotografica m’immortala nel punto della caduta.
Un poco a fatica riparto e rinuncio alla scalata. La chiesa di Gergeti dovrà aspettare. Andata e ritorno 380 km.

Il giorno dopo lo dedico ad una visita di Tblisi così recupero anche la contrattura alla schiena.
Tbilisi è caotica, lo sono un poco anche i georgiani ma sempre molto gentili, il traffico è impossibile e l’utilizzo del clacson pare il passatempo prediletto.

in moto da solo

Passata la contrattura la voglia di ripartire è a mille. Oggi si punta a sud e si entra in Armenia.

Mi dirigo sulla E117 direzione Marneuli. Poi si passa sulla E001 che rasenta l’Azerbaijan. Qui la situazione armena risulta subito evidente. I militari pullulano la zona, escono da stradine, sentieri, a piedi probabilmente per controllare la frontiera. Nessuno lo ricorda ma l’Armenia è attualmente in guerra con l’Arzebaijan ed il risultato è che ogni anno muoiono decine di cecchini da entrambe le parti.

La povertà sembra avere il sopravvento in queste zone. Il parco auto è tutto ex sovietico, camion e le mitiche Uaz, le camionette dell’esercito russo sono il mezzo più diffuso. Ogni 20…30 km ci sono dei ponti da officina ma sono in cemento e chi ne ha bisogno lo utilizza, ingegno del bisogno.

Punto sul lago di Sevan attraversando le antiche strade percorse dai mercanti che tornavano dall’oriente, le strade della seta.

Il lago compare con tutta la sua maestosità e m’invita ad un pranzetto a base di pesce. La cottura avviene come per il pane in Georgia, in forni semi interrati.

in moto da solo

Rifocillato si riparte in direzione Jerevan. 
Arrivo intorno alle 18 in questa bellissima e grande città. Da sola ospita il 50% della popolazione armena.

Il traffico è tranquillissimo e gli armeni sono un popolo fantastico che però ancora non dimentica quello che ha subito, dalla strage della propria gente da parte dei turchi alla questione del Nagorno-Karabak.

Domani si visita Khor Virap, la culla del cristianesimo armeno dal quale si intravede sullo sfondo il monte Ararat, simbolo armeno oggi in territorio turco.

Percorrendo la M2 il giorno dopo parto in direzione Goris, nella regione più a meridione dell’Armenia per visitare un altro simbolo, il monastero di Tatev. Goris è veramente brutta, un paesone senza grazia posto a 30 km dal confine del Nagorno-Karabak.

Sosta di 2 giorni. Il mattino presto parto per il monastero di Tatev che può essere raggiunto anche attraverso una bellissima cabinovia donata dalla Svizzera. Io preferisco salire in moto attraverso una strada sterrata che sale con una pendenza del 15%.

Arrivo prima che la massa di turisti sbarchi dalla cabinovia. Il monastero è incantevole , si respira un’aria di tranquillità. Resto seduto sotto un grande albero a pensare poi con l’arrivo dei primi turisti riparto.

Si torna a nord ripercorrendo la strada a ritroso, purtroppo c’è solo quella.

Sosta a Gyumri altro paesone senza grosso interesse.

in moto da solo

Il mattino a mia insaputa mi attende una tappa lunga e insidiosa. Parto in direzione del confine georgiano ma una distrazione mi porta fuori del percorso previsto. Guardo la cartina e decido di passare il confine in una frontiera secondaria e poi riportarmi su una strada principale una volta in Georgia. Vado per Tashir poi per Gogavan e passo la frontiera a Gugudi. Seguo una strada sterrata che mano a mano diventa sempre più una mulattiera. Scompaiono i paesi e le auto. Mi ritrovo su una bellissima pianura in alto senza strada. Che fare? Il gps mi indica un paese a una ventina di chilometri ma ad occhio non vedo nulla. Unica alternativa è tornare dietro, altri 80 km di strada sterrata.

La tappa si allunga e dopo aver ripreso una via asfaltata decido di fermarmi a Borjomi, famosa località per le sue acque vendute in tutta la Georgia. Tappa di quasi 800 km.

Il mattino ho ancora le braccia indolenzite e la tensione accumulata mi hanno fatto dormire come un ghiro.

Si parte in direzione Batumi, sul mar Nero. E’ quasi un ritorno alla “normalità” che mi indica il termine del viaggio. Il resto da domani sarà solo asfalto e palazzi.
Porterò nel cuore lo sguardo delle persone e dei bambini, quello dei giovani militari e dei contadini. Resterà per sempre in me quella moltitudine di colori dei vasti altipiani tappezzati di fiori, il sapore del miele e dei formaggi, il fumo degli scarichi dei vecchi camion e lo sguardo melanconico delle migliaia di mucche che invadono le carreggiate delle strade.

 

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