Si parte a volte per restare: Elvio ha trovato in Colombia il suo equilibrio!
[box style=’info’] Mi chiamo Elvio Rocchi, sono musicista, cantante e compositore. Qualche anno fa ho scoperto lo yoga, grazie ad esso ed alla filosofia orientale ho acquisito una visione delle cose più piena e lucida. Da sette mesi vivo in Colombia dove faccio il concertista l’insegnante di musica e yoga e pratico kung fu nella squadra dell’Universidad Nacional de Bogota.[/box]
1. Cosa ti ha spinto ad abbandonare l’Italia e a fare un viaggio in Sudamerica?
L’idea non era di abbandonare l’Italia, bensì di venire in Colombia, per conoscere questo bellissimo paese, e soprattutto per riunirmi con la ragazza che – conosciuta in Italia nel 2012 – da un anno sognavo di rivedere
2. Come ha reagito la tua famiglia e amici?
Sono partito per stare un mese e poco più e sono qui da circa sette. Quando ho deciso di fermarmi, da parte della famiglia sono arrivate molte perplessità, ma attraverso il dialogo e la comunicazione, credo siano riusciti a vedere cosa mi spingeva a rimanere, che non è stato solamente la voglia di viaggiare, di conoscere e di scoprire cose nuove, bensì quella di scoprirsi interiormente. Quando hanno iniziato a rendersi conto di quanto stavo crescendo, hanno accettato la mia scelta, anche se è normale sentire la mancanza di una persona cara.
3. Che aspettative avevi su questa esperienza?
Avevo delle aspettative, ma tutto quanto è accaduto, le ha stravolte in pieno, e mi ha fatto capire – una volta di più – che crearsi delle aspettative riguardo qualsiasi cosa, è profondamente sbagliato. L’aspettativa è basata su la conoscenza e l’esperienza che abbiamo della realtà. Questo tipo di conoscenza è colma di limiti, in genere auto-imposti, e quindi per quanto ci sforziamo di immaginarsi cose belle, non prenderemo mai in considerazione tutte le possibilità che l’universo è in grado di regalarci.
4. Quando sei arrivata in Sudamerica la realtà ha confermato le tue aspettative?
La realtà ha superato di molto le mie aspettative. Quello che è successo, è andato ben al di là di ciò che persino nei miei sogni più belli avevo potuto immaginare. Ma più ancora degli avvenimenti pratici, materiali, delle cose accadute, è stato il cambio interiore a sorprendermi. Sono arrivato qui con solo uno zaino con dentro alcuni vestiti e un diario per scrivere, nulla più. Vivere per così tanti mesi con questi pochi oggetti (continuo tutt’oggi a vivere cosi) mi ha permesso di rivolgere lo sguardo verso la mia interiorità, e superare i bisogni che siamo convinti di avere rispetto alle cose esterne. Inoltre stare lontano dalla famiglia, dagli amici, dal lavoro, dagli hobby, dalla routine, è un’incredibile occasione di crescita. C’è una canzone di Niccolò Fabi che recita “sto bene quando sto lontano da ME“, ecco, sono completamente d’accordo. Abbiamo la tendenza ad abituarci alle nostre vite, a legarci alle attività, a ciò che accade attorno a noi. Prendere distanza da tutto ciò è il modo più bello per conoscersi, e rimettere le cose al loro posto.
5. E’ stato semplice integrarsi con le persone del luogo?
Si, per me è stato molto semplice. Più che un viaggio vero e proprio, la mia è stata ed è una permanenza, un tentativo di vivere la vita qui in Colombia, in particolare nella capitale, Bogota, ed in un piccolo incantevole paese a un centinaio di km a nord che si chiama Villa de Leyva.
6. Cosa hai fatto una volta li?
Mi sono dedicato alle mie grandi passioni che sono: la musica, lo yoga, il kumg fu, e la crescita personale e spirituale. e le ho vissute a pieno qui, a stretto contatto con i colombiani. Praticare questo tipo di attività ti fa sentire come se non esistesse alcuna distinzione tra un italiano e un colombiano, così come con nessun’altra persona del mondo. Lo yoga e il kung fu sono discipline nate in oriente, canalizzate per grandi maestri che le hanno tradotte in pratica da leggi universali, non sono quindi nè totalmente indiane o cinesi, nè tantomeno colombiane o italiane. Dicasi lo stesso per la musica. Il vento che passa attraverso tre buchi di differente grandezza produce tre note: do – mi – sol, ed ecco l’accordo di do maggiore.
La musica non è stata “inventata” dall’uomo, esiste da sempre nella natura e nell’universo.
Praticare tutto questo, insieme ai colombiani, ti fa sentire quanto non esista distinzione; siamo esseri umani, molto più simili di quanto pensiamo di non essere.
Le differenze culturali, ovviamente, esistono, e non sono poche, ma per quanto mi riguarda, sono sempre (o quasi) riuscito a viverle come una curiosa ricchezza, e non come un limite. La corrente elettrica scorre perché esiste una differenza di potenziale, quando tutto è uguale, nulla scorre, tutto è piatto ed è molto più difficile evolvere crescere.
Il primo mese mi sono dedicato a viaggiare. A causa delle leggi sulla immigrazione, ho approfittato dei periodi in cui il visto turistico scadeva per continuare il viaggio in altri stati, sono stato prima a Cuba e poi in Ecuador.
A parte questi periodi, mi sono dedicato a vivere le mia passioni, di cui parlavo nella risposta precedente, cercando di trovare un modo per farle vivere anche qui in Colombia.
Ho avuto l’opportunità di suonare in vari locali a Bogotà, tra cui come non ricordare i concerti alla trattoria nuraghe, un piccolo angolo di Sardegna, proprio qui, nel centro della capitale colombiana.
E’ stata una grande opportunità, un concerto fisso tutti i venerdì, in un ambiente molto bello e molto italiano, la possibilità di vivere la musica dall’altra parte dell’oceano.
Il 29 novembre, al teatro Tecal, storico teatro della Candelaria, il quartiere coloniale di Bogotà, ho avuto l’opportunità di presentare un concerto ideato e interpretato da me, dal titolo “musica popolare italiana”. Accompagnato dalla violoncellista Maria Helena Vasquez, ho dato vita a un concerto – racconto, pensato e realizzato interamente in Colombia, dove alternavo canzoni di musica tradizionale, popolare e cantautorale italiana, a racconti, spiegazioni e traduzioni sulle storie e i bellissimi testi di questi brani della tradizione.
Ho insegnato yoga, con un discreto seguito di allievi, ho dato lezioni di musica, ho fatto la comparsa in una tele novela sul narco-traffico (molto in voga qui in Colombia) ed ho fatto il barista. Un po’ di tutto, insomma.
7. Avevi mai viaggiato da solo?
Avevo viaggiato la prima volta da solo a vent’anni, un inter-rail nel nord della Spagna.
Ho ripetuto l’esperienza due anni fa, percorrendo l’Italia in moto, a cavallo della mia Honda Black Widow 750, in un viaggio da nord a sud (Bologna-Agrigento) in cui, pur viaggiando da solo, sono stato ospitato ed accolto da così tanti amici da poter dire che – solo a tutti gli effetti – non sono mai stato.
Un’altra esperienza in cui viaggiai in parte da solo fu nel 2008. Viaggiai in Perù e in Cile, una parte del viaggio con la mia grande amica Soledad (che curiosamente, significa “solitudine”…ero in compagnia della solitudine!) e l’altra metà solo a tutti gli effetti.
8. Cosa ti ha più stupito di questa esperienza?
Il vero viaggio non è quello che ho fatto in Sudamerica, bensì quello che sto percorrendo dentro di me. Ad esempio ho preso coscienza di quanto poderosa sia la nostra mente, e di quanto la realtà esterna, ciò che ci accade, gli incontri che facciamo, siano connessi non casualmente con i nostri pensieri.
Questa è stata la regola base della mia esperienza colombiana. Molte delle cose che si sono realizzate qui (e non a caso dico “si” sono realizzate e non “ho” realizzato”) come il concerto al teatro, i concerti in giro per la città, le opportunità di lavoro, l’insegnamento dello yoga, si sono realizzate quasi “da sole”, senza forzare niente, più attraverso la fiducia che qualcosa sarebbe accaduto, che con l’impegno materiale affinchè ciò accadesse. Per me che venivo da anni di disillusione e rammarico per la difficoltà di vivere di musica e arte nel mondo contemporaneo, è stata un’esperienza salvifica e fondamentale.
Come non stupirsi poi della capacità di ridere, essere gentili, spontanei, amabili dei colombiani, persone che da quarant’anni convivono con la guerra a pochi km da casa.
9. Credi che rimarrai per sempre in Sudamerica o hai già in mente altre mete? Oppure tornerai in Italia?
Difficile rispondere. Il Sudamerica è un continente incredibilmente bello e vasto. Le opportunità sono tantissime, la tentazione di fermarsi per sempre è forte.
Credo però che anche la nostra Italia sia un paese stupendo, sicuramente uno dei più belli e più ricchi di natura, cultura, bellezze, al mondo.
Abbiamo tutto, ma dobbiamo imparare a valorizzarlo.
Negli ultimi anni si è tentato di distruggere tutto ciò che i nostri antenati con il loro genio e la loro creatività hanno creato nella storia del bel paese.
Quante volte, io che lavoro come musicista, mi sono sentito dire che non c’erano i fondi per fare questo e quello? Ecco, solo un esempio, a duecento metri da casa mia a Bogotà, c’è una biblioteca che mette a disposizione – ovviamente gratis – sale per studiare musica, e non solo: mette a disposizione anche pianoforti a coda, con la possibilità di prenotare varie ore di studio, con un mese di anticipo.
Tutto questo è possibile in un paese del terzo mondo, che vive ancora prevalentemente di agricoltura e che è afflitto dai problemi storici della guerra civile e del narco-traffico. Veramente siamo convinti che in Italia non abbiamo le risorse per fare lo stesso? O forse non vogliamo farlo? O magari le risorse ci sono, ma le sprechiamo?
Sicuramente tornerò in Italia, e sicuramente tornerò anche in Colombia e in Sudamerica. Mi sono convinto più che mai, vivendo qui, che la vita non ha limiti, se non quelli che ci poniamo noi stessi.