All’orizzonte un toubabou: 25000 km di emozioni in bici di Filippo Graglia
All’orizzonte un Toubabou: 25000 km di emozioni in bici
di Filippo Graglia
«Chi sta meglio? La persona che cerca la felicità comprandosi una macchina nuova, un nuovo abito? O colui che ha il minimo necessario per una vita dignitosa, e può dedicare tempo a ridere e scherzare con gli amici all’ombra di un albero? Non c’è forse una gran dignità sociale nelle attenzioni che riservano agli anziani, e agli ultimi?». Un viaggio dà risposte, ma sa anche suggerire molte domande.
All’orizzonte un toubabou è il racconto dell’avventura di un ingegnere, un viaggiatore. Un incidente stradale gli insegna che il momento per la realizzazione di sé è ora. L’autore parte con la sua bici dalla casa in cui è cresciuto nel Monferrato e costruisce il suo viaggio lontano dai circuiti turistici. Percorrendo 25.000 chilometri in 615 giorni, consumando 11 copertoni e 8 catene, si avventura con umiltà nel Sahara e attraversa il cuore del continente – la foresta equatoriale – fino a toccare l’estremo punto in cui oceano Atlantico e Indiano si abbracciano.
Verrà arrestato, per venti giorni costretto a letto dalla malaria, eppure imparerà che ogni incontro è uno scambio, la sua curiosità diviene quella di chi gli sta di fronte e i legami si consolidano attorno al fuoco. Ci sono soltanto la semplicità della vita e l’accoglienza di un sorriso, nella ricerca di nuove domande dove tutto è cominciato, in Africa.
Questo libro nasce dall’esigenza dell’autore di mettere ordine nel vortice di emozioni che lo ha assalito dal giorno in cui è tornato a casa. Molti incontri, tanti attimi fugaci e altri imperituri, le lacrime, le risate, la sofferenza in uno sguardo e la gioia di un abbraccio… Filippo scopre che è necessario ritirarsi in una baita in montagna senza distrazioni e, in giornate intrise di silenzio e natura, iniziare a scrivere. Le parole escono dalle dita come un fiume in piena, ben presto al dolceamaro piacere del ricordo se ne somma uno nuovo, quello per la scrittura. Ed ecco, a poco a poco prende forma questo libro. Nel suo eremo l’autore non solo ha rivissuto le esperienze africane e ripetuto per l’ennesima volta i rituali che hanno caratterizzato i suoi giorni africani, ma ha compiuto un secondo viaggio, quest’altro più intimo del precedente: osservando le situazioni dall’alto, con sguardo più maturo, ha compreso concetti che meritavano riflessione, silenzio.
Il capitolo di chiusura è scritto da un’altra penna, quella della madre. “A mamma, che con me ha viaggiato e sofferto” recita la dedica introduttiva. Con poche parole ha dipinto l’amore di una madre che si mette di lato perché il figlio sia felice e viva pienamente il suo desiderio di conoscere.
Tutto ciò è racchiuso in queste pagine e se il lettore vorrà, l’autore lo accoglierà a pedalare accanto a sé, sulla terra rossa africana.
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Toubabou, con le sue varianti (toubab, tubaap…), è una parola utilizzata da molti popoli dell’Africa Occidentale per designare una persona dalla pelle bianca, un europeo.