Davide da Trieste a Tirana a piedi: camminando nei Balcani

Mi chiamo Davide Pagnano, 28 anni, sono di Roma. Nella vita lavoro in una laccatura mobili, ma è un periodo di transizione tra poco aprirò un bed and breakfast. Amo qualsiasi tipo di sport, anche se non ho mai praticato nulla a livello professionistico. L’estate scorsa, il 13 luglio 2018 ho preso l’autobus direzione Trieste e da lì ho iniziato a camminare fino a Tirana percorrendo tutta la costa. Una volta arrivato a Tirana ho preso un bus per la Macedonia: destinazione Ohrid per chiudere qui il viaggio e ritornare a Durazzo a prendere il traghetto.

Prima di questa esperienza ho viaggiato per il resto d’Europa, non sono mai uscito da questo continente e il sogno è di riuscirci presto. Ho viaggiato a piedi altre due volte percorrendo il Cammino di Santiago e un tratto della Via Francigena, ma questa è stata un avventura di un’intensità e una difficoltà superiore.

Paesi attraversati: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia, Croazia, Montenegro, Albania.

  1. Come mai a piedi fino a Tirana?

Non c’è un perché. Da quando ho iniziato a viaggiare da solo ho capito quanto sia importante per me il mio tempo. Per me è vitale distaccarmi dalla routine perché dopo un po’ mi sento soffocato da certi valori nei quali non mi riconosco. Dopo un certo periodo di tempo ho bisogno di rallentare, non sono mai riuscito ad andare troppo di fretta. Ho bisogno di andare piano soprattutto mentalmente. E siccome negli ultimi 3 anni ho camminato parecchio, mi sono detto “perché non provare ad attraversare i Balcani nello stesso modo?”

2. Quanto ti sei preparato prima di partire?

Ho iniziato ad allenarmi da marzo. Tornavo da lavoro, infilavo le scarpe andavo a camminare percorrendo il giro della mia zona. Due o tre km al giorno. Niente di particolare però ero costante. Quell’ora di libertà e solitudine era ossigeno puro per me e non vedevo l’ora di iniziare questa nuova sfida.

3. Viaggiando a piedi è fondamentali restare leggeri, come hai fatto con la tenda e l’attrezzatura, quanti kg avevi con te, cosa hai portato?

Questa volta avevo paura che il mio zaino pesasse troppo e potesse creare problemi con il passare dei giorni. 9 kg, compreso di tenda, stuoino e sacco a pelo per la notte. Ho cercato di portare con me soltanto lo stretto necessario. È stata la prima volta che portavo con me una tenda. Ricordo tutte le prove prima di partire, non era facile montarla poi ho imparato, ed è stato bellissimo. Avevo tre cambi per il vestiario, bagno schiuma, shampoo, piccolo borsello per malattie e infortuni. Il mio telefono per orientarmi e scattare foto.

4. Ci racconti la tua giornata tipo durante il viaggio?

La mia giornata era molto semplice. Mi alzavo all’alba, riposto tutto l’occorrente nello zaino, iniziavo a macinare chilometri.

I primi cinque giorni sono stati difficili perché camminavo perennemente sotto l’acqua. Superata Fiume il sole iniziò ad accompagnarmi nelle mie giornate. Amavo le prime ore della giornata, il sole non picchiava molto, il vento leggero che ti accarezza i capelli e poca gente per strada. Amavo camminare vista mare. Il mio passo era spedito in quelle ore. Attraversando la costa croata, capitava spesso di fermarmi a fare un bagno in qualche spiaggia poco affollata per poi ripartire. Penso spesso a una spiaggia molto piccola: la spiaggia di Kalic. Quella mattina mi fermai lì per un bicchiere d’acqua, il bar posizionato proprio sulla riva. Credo che viaggiando in macchina quella spiaggia non l’avrei mai vista. In quel momento ero io, il mare e una barchetta ancorata. Uno scenario da favola che non scorderò mai. Dopo essermi rinfrescato e asciugato riprendevo il viaggio. Di solito cercavo di camminare 8-9 ore al giorno sperando di arrivare ad un ora decente e visitare il visitabile della destinazione scelta per la giornata. La parte più difficile della giornata era cercare di rientrare in un budget contenuto di spese tra dormire e mangiare, perché in Croazia in estate i prezzi sono abbastanza alti, nel resto dei Balcani, un po’ meno. Alloggiavo o in ostelli o nei campeggi. Per quattro volte anche su una panchina. Quando arrivavo, amavo sempre scambiare chiacchiere con qualcuno, ho avuto conoscenze di persone molto piacevoli che mi hanno aiutato nei momenti di maggiore stanchezza. Il momento più bello era senza dubbio il tramonto: il sole calando lentamente mi portava ad amare sempre di più quello che stavo facendo. Soprattutto mi portava ad amare il mio tempo.

5. Come si mostrava la gente nei tuoi confronti mentre camminavi?

La gente con me era gentile e disponibile. Sono sorridenti e dietro quel sorriso nascondo le proprie difficoltà. Vivono con una bontà d’animo straordinaria. Cosa rara di questi tempi. A dir la verità io sono partito leggermente titubante sotto questo punto di vista, ma con il passare dei giorni mi sono ricreduto. Sono persone di cuore, con un gran senso di appartenenza verso le proprie origini, ma anche verso chi è solo di passaggio. Ho un pensiero speciale, per tutti coloro, che incuriositi dal mio passaggio mi hanno fermato per sapere l’avventura che stavo vivendo. Ho un pensiero speciale per coloro che mi fermavano per offrirmi da bere o da mangiare: una coca cola, aranciata, caffè, del pane. In Albania una persona mi offrì un pranzo completo ed era tutto molto buono. Suo figlio traduceva la lingua albanese e riuscimmo a dialogare molto bene. Sono persone per bene.

 

6. Hai mai avuto paura viaggiando in questo modo?

No, non ho avuto paura nei miei viaggi a piedi. Viaggiando così lentamente mi sento libero, leggero. Vivo il momento in modo differente, osservo i particolari in maniera più approfondita, con leggerezza e con la voglia di scoprire l’ignoto. Amo viaggiare con lo zaino sulle spalle, e magari in silenzio. Questa volta però si, devo ammettere che ho avuto paura perché è stato tutto molto improvvisato. La strada da percorrere la tracciavo da solo giorno dopo giorno, non vi era un sentiero ben preciso da affrontare. L’unica certezza fu quella di seguire il mare poi chissà. La sera prima di partire salutai il mio migliore amico, ma in quel momento non ero molto convinto. Credevo di non farcela. Invece passo dopo passo, diventavo sempre più consapevole di potercela fare.

7. Cos’ hai imparato da questa lunga camminata?

Ho imparato che un passo alla volta si può arrivare ovunque. Basta avere voglia di mettersi in gioco, il coraggio e un po’ di sfrontatezza nel fare le scelte che hai paura di fare. Ho imparato ancora una volta che solo viaggiando (non per forza a piedi) puoi conoscere la realtà e la cultura di un posto. Solo viaggiando puoi conoscere come sono veramente le persone di un posto. Il viaggio abbatte ogni forma di pregiudizio, soprattutto il pregiudizio di chi rimane sempre fermo senza mai provare qualcosa di nuovo.

8. Quali errori non rifarai più in futuro?

Forse la voglia di scoprire sempre un posto nuovo. Ogni giorno. Questo aspetto mi portava a cambiare città o paese nonostante io in quella mezza giornata mi trovavo bene con le persone intorno a me. Ecco, meno frenesia anche se il tempo non era infinito e dovevo avere un ritmo costante.

9. Pensi che sia meditativo camminare così a lungo, come hai integrato questo aspetto una volta tornato a casa?

Camminare è un gesto molto semplice, ho riconosciuto il suo significato soltanto qualche anno fa quando attraversavo un periodo buio della mia vita. Ho iniziato a camminare per salvarmi, per un gesto di ribellione, per libertà. Penso che camminare sia costruttivo ed educativo. È un gesto che fa riflettere molto sulle situazioni andate bene o meno bene nella vita. Ho sempre cercato di ritagliarmi uno spazio per me, uno spazio in cui trovarmi con me stesso. Che sia un’ora, un giorno o qualsiasi quantità di tempo. Che sia la via dietro casa, il mare o la montagna. Che sia con lo zaino o senza. C’è un qualcosa nel movimento che mi fa stare bene, il mio corpo sta meglio, se ne va ogni tipo di dolore. Inizio a respirare meglio. Non ho più dubbi, anche se di domande ne pongo sempre parecchie. Non ho affanni, niente di tutto ciò. Il movimento mi ha salvato la vita. Libero, senza catene.

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