Gabriele Saluci, ciclista per caso fino al Sahara in bicicletta
Mi chiamo Gabriele Saluci, [www.facebook.com/salucigabriele www.gabrielesaluci.com]
e non so esattamente cosa sono: alcune volte dico di essere un viaggiatore, altre un videomaker, o forse solo un ciclista per caso. In realtà questi due titoli dai contorni poco precisi sono facilmente confondibili: se sono un videomaker devo avere qualcosa da far vedere, se sono un viaggiatore devo avere il modo di trasmettere le emozioni per cui non c’è l’uno senza l’altro. È questo è quanto, viaggio e faccio video, e coi video ci lavoro anche; insomma facendo video riesco a pagarmi i viaggi, coi viaggi miglioro me stesso e i video e questo si sta trasformando in un circolo virtuoso.
Ed eccomi qui, come tanti, con un po’ di sogni e di vita da vivere.
1. Come mai hai deciso di iniziare a viaggiare in bici?
Viaggio in bici, sì, ma non sono un ciclista. È vero, ho fatto due lunghi viaggi in bici e circa 6000km ma è stato un caso…
Mi trovavo sul cammino di Santiago (a piedi) qualche anno fa e vedevo i bicigrini, i pellegrini a cavallo delle bici, tutti belli contenti che fischiettavano sui loro mezzi cigolanti e allora mi sono chiesto come sarebbe stato stare su uno di quei cosi, pieni di borse e zaini dappertutto. L’anno dopo pedalavo su per l‘Europa verso l’Islanda e l’anno dopo ancora, per una serie di cose, mi ritrovavo ancora su una bici ma verso il Sahara. E poi ho capito com’era andare in giro in quel modo: abbastanza divertente.
2. Hai percorso in bici da Torino al Sahara, quale è stato il punto più duro?
Paradossalmente il momento più duro del viaggio è stato prima della partenza. Ho deciso di partire da un momento all’altro e quindi mi sono ritrovato a sistemare una miriade di cose in solo un paio di settimane: avevo dei grossi lavori da chiudere, degli esami universitari fare, un appartamento da liberare e cercare altri inquilini, i bagagli da preparare per il viaggio e per il trasloco in un altro stato una volta finito il viaggio, e tutte le piccole cose tecniche e burocratiche del viaggio stesso. Quel periodo è stato così intenso e stressante che il viaggio poi mi è sembrato una passeggiata, quegli 80-100 Km al giorno sotto il sole cocente erano come un massaggio. Una cosa che ricordo con un sorriso e che sicuramente ha reso le cose difficili è stato il caldo soffocante che ho incontrato nel sud della Spagna e in alcune zone del Marocco, circa 47C°, per non parlare del fatto che ho attraversato il Marocco proprio durante il Ramadan.
3. Cosa ti ha dato questa esperienza?
Non avevo mai viaggiato al di fuori dell’Europa. Si deve dire che il Marocco non è un posto povero o in difficili condizioni ed è anche abbastanza turistico. In alcune zone però lo shock culturale può essere molto forte, e alcune scene di povertà- ma non troppa- normalmente noi non siamo abituati a vederle. Se però si è letto qualcosa, si può azzardare un paragone tra il Marocco, relativamente ricco ad altri in condizioni di povertà assurde. Pensare che alcune scene non sono poi così tragiche e che quello era “solo” il Marocco, mi fatto aprire gli occhi e su quanto possa essere difficile vivere in altre zone del mondo. Ho capito che la vita che si vive in Europa è qualcosa di facile e che chi non viaggia alla scoperta non potrà mai vedere la differenza. Di certo è difficile farlo da turista e forse, in altre zone del mondo, quelle dove la disperazione è assoluta, c’è una sottile linea che anche il vero viaggiatore non può oltrepassare senza che diventi anche lui nient’altro che un testimone della miseria.
Il mio però non è stato che un assaggio perché di tutto questo in Marocco non si può parlare, è solo che ti viene da pensare a certe cose e ti viene da pensare che se mai dovessi viaggiare in paesi in condizioni peggiori, se non per lavoro e per fare qualcosa di buono tramite qualche video, sarebbe inutile -oltre che ingiusto andare, e diventerebbe solo una scusa per dare una sbirciata.
4.Come è stata la tua accoglienza in Africa?
Il traghetto che porta da Tarifa a Tangeri più che un’imbarcazione sembra un’incredibile macchina del tempo: nel giro di un’ora di traversata ti ritrovi dalla modernità dell’Europa, da casa, a un posto che, se non hai messo mai piede al di fuori dell’Europa, ti può sembrare surreale. È come fare un tuffo nel passato di una trentina d’anni.
Al porto la polizia –sempre diffidente da quelle parti- mi ha trattenuto un bel po’, cercando di capire cosa ci facessi su una bici così carica e sporca ma con una videocamera tanto ingombrante e appariscente. Per fortuna visto che quel giorno avevo appuntamento con il Console Italiano a Tangeri, mostrare il suo biglietto da visita mi ha tirato fuori dai guai. Non appena libero, la prima cosa che ho visto e che mi ha colpito, è stata la scenda di un anziano signore su un carretto trainato da un asino che incrociava la mia strada, cose che da noi non si vedono più.
5. Il tuo primo viaggio di ha portato da Torino all’Islanda, quanto tempo hai dedicato all’isola e quanto ad arrivarci?
Turin-Iceland è un viaggio che ricorderò sempre con piacere: l’Isola è un posto fuori dal mondo, credo sulla terra non ci siano molti altri posti dove la natura ha così tante forme e manifestazioni diverse (deserti, ghiacciai, laghi, vulcani, geyser e altri fenomeni) e dove l’uomo non è altro che una componente di questa, e non è ancora riuscito a distruggerla.
Ho avuto il piacere, per una serie di contrattempi di viaggiare da quella parti in Settembre, quando di turisti non c’è ombra e quando il tempo inizia a peggiorare: di notte le temperature scendevano sotto zero e la tenda congelava: questo aggiungeva un tocco in più all’avventura e poi c’era l’aurora boreale… Yawooo
Ho fatto il giro dell’isola lungo la strada principale, un anello che fa il periplo dell’isola, tagliando al centro per un deserto vulcanico (la pista F35, Kjolur, ah, l’aurora boreale che ho visto da quelle parti!) di 200Km, per un totale di circa 20 giorni e 1000Km. Per raggiungere l’isola ho invece pedalato da Torino passando in Austria dal Brennero, poi Germania e Danimarca e da Copenaghen ho preso un aereo per l’isola; venti giorni e altri 1000Km circa.
6. Di solito come ti organizzi, fai campeggio da solo o chiedi ospitalità?
Non mi è capitato spesso di esser ospitato per la notte; più che altro perché di sera cerco di andare in zone più tranquille, lontano da centri abitati e da qualsiasi cosa possa disturbare me, la quiete e la bellezza del cielo nero stellato. Credo che la componente umana in un viaggio sia molto importante, per questo cerco di conoscere più gente possibile, cambiando itinerario a seconda degli incontri, ascoltando storie e suggerimenti. Così facendo si scopre quanto la gente dei posti in cui ci si trova sia amabile ed è sempre disponibile a invitarti a pranzo a cena o semplicemente a sorriderti, che forse è la cosa più importante.
7. Quale è la parte di te che è cambiata di più grazie a queste esperienze?
Mi viene difficile spiegare –o sapere- in che modo la mia vita sia migliorata dopo queste esperienze, non ho un termine di paragone perché non so cosa sarei stato se non avessi deciso di iniziare a viaggiare così. Prima di allora non avevo idea di come fare un video, non sapevo parlare nessuna lingua oltre all’inglese, ero poco aperto e non avevo troppa manualità nel fare le cose, ma sono comunque cose pratiche. Posso dire questo:
Se prima di allora i miei occhi vedevano il mondo e la vita e pensavo dietro una specie di nebbia, adesso pian piano questa sta iniziando a dissolversi e riesco a pensare più chiaramente e a vedere le cose con un proprio colore, da diverse prospettive. E’ questo l’effetto che fa un viaggio
8. L’incontro che non dimenticherai mai?
Questa è la domanda più difficile di tutta l’intervista. Ogni persona condisce il viaggio in maniera diversa, non riesco a dire chi ha dato un contributo più forte alle mie esperienze; è sicuro che chiunque ho incontrato ha condizionato in qualche modo il mio modo di pensare e di andare avanti nel viaggio.
9. Cosa cerchi quando pedali?
In realtà non credo di esser io a cercare qualcosa di particolare, normalmente sono le cose che trovano me. Sarebbe impossibile avere le idee chiare di cosa realmente si vuole da un viaggio, soprattutto se si sa di star via di casa per diverse settimane. In ogni caso cerco solo di rilassarmi e di godere dei posti ma questi momenti non sono molti perché non fai in tempo a dimenticare un incontro, una disavventura, un qualcosa che ti ha colpito che subito ti capita qualcos’altro che ti tiene impegnato.
10. Quale è il tuo prossimo progetto?
E’ da tempo che dico di voler andare in Asia, un bel viaggio lungo e zaino in spalla. Per ora però altri progetti e lavori si stanno accavallando per cui in questo momento non riesco a pensare a un viaggio così lungo. A giugno per esempio dovrei attraversare l’Italia dall’Abruzzo al Lazio, da costa a costa per un nuovo cammino, quello di San Tommaso, e dovrei essere io a inaugurare il cammino in bici.
Prima dell’estate 2012 dicevo di non poter fare un viaggio lungo, eppure mi sono ritrovato a pedalare per due mesi; chissà magari qualcosa di bello esce fuori. Tra l’altro in quello che faccio il bello è proprio questo: libertà assoluta d’espressione e di movimento.