Il Giro del Mondo a 80 all’ora di Luca Capocchiano
Il Giro del Mondo a 80 all’ora
di Luca Capocchiano
Ho intervistato Luca durante il sui lungo viaggio in vespa, trovate l’intervista a questo link.
Io e il mio TS, la mia vespa, abbiamo viaggiato in simbiosi per un anno intero, lungo la superficie immensa di questo pianeta.
Noi abbiamo attraversato deserti terribili, che sono luoghi in cui il clima e le distanze possono uccidere, da quelli di sabbia soffice come borotalco in Iran o in Cearà, nel nord del Brasile, dove le ruote sprofondano e si piantano, a quello rosso ruggine dell’Outbak australiano, fino al terribile Atacama in Cile dove non piove dal 73.
Abbiamo risalito strade di pietra scavate nello scoglio vivo sul fianco delle montagne più alte del mondo in Nepal, per giungere ai piedi del Himalaya e rimanerne sbalorditi. Abbiamo percorso per settimane sterrati desolati a 3500 metri sull’altopiano andino, ne abbiamo scavalcato la dorsale principale a 4750 metri dove attorno è solo ghiaccio e roccia e zero vegetazione.
Abbiamo visto il Titicaca, il lago navigabile più alto del mondo e in assoluto uno dei luoghi che più ci ha fatto vibrare, un luogo magico e mistico e culla di civiltà antichissime. Abbiamo attraversato fiumi mastodontici come non pensavo potessero esistere, fiumi dai nomi esotici e larghi km come il Gange e il Bramaputra in India o l’Irrawaddy in Myanmar. Il Mekong lo abbiamo costeggiato per centinaia di km, perché in Indocina segna il confine naturale tra Laos e Cambogia, mentre sulle acque del rio delle Amazzoni abbiamo navigato per 2000 km nel cuore della foresta a bordo di una barca di legno: il TS tra i bancali di banane e cipolle, io tra le amache dei cento passeggeri, sdraiato sulla mia ad ammazzare zanzare a 35 gradi all’ombra come il colonnello Aureliano Buendia, aspettando il mio turno per l’unico cesso a bordo, e tuttavia completamente circondati da una bellezza che non so descrivere.
Ho guidato il mio TS fino a pochi metri da luoghi incredibili. L’ho guidato fino ai piedi del Taj Majal in india e la Burja Kalifa a Dubai, gli edifici più bello e più alto al mondo. L’ho guidato sulle strade di pietra dell’Angkor Wat, la straordinaria capitale degli antichi Khmer in Cambogia, un popolo che sta all’Indocina come gli antichi romani stanno all’Europa. L’ho portato letteralmente a sbattere contro le pareti di roccia di Uluru, l‘enorme monolite rosso al centro dell’Australia, sacro da millenni agli aborigeni e che è strutturalmente simile ad un iceberg: quello che vediamo non ne è che una minima parte, lui si conficca per chilometri sotto alla crosta terrestre. L’ho guidato dentro alla piazza più bella del mondo, Durbar Square di Kathamandu, dove risiede la Kumari la dea bambina vivente, e dentro la straordinaria distesa di stupa millenari di Bagan, l’antica capitale birmana. L’ho portato ai piedi del Machu Pichu, che in lingua quechua significa ”montagna giovane”, quella appunto ove sorge la favolosa città perduta di pietra degli antichi inca che si trova nell’attuale Peru’.
Ho guidato la mia vespa nel traffico di metropoli enormi: da quello ordinatissimo di Dubai e Singapore a quello caotico di Istanbul e Santiago del Chile, da quello folle e pericolosissimo di Tirana e La Paz a quello per cui non conosco aggettivi efficaci nella nostra amata lingua delle città e dei villaggi indiane, dove non solo non si rispetta il codice della strada ma neppure il buon senso. La prima volta che ho imboccato l’autostrada a Mumbai in direzione nord, verso Gujarat la terra di Gandi, ho trovato camion che mi venivano addosso in entrambi i sensi di marcia. Ci ho messo un giorno intero a capire che lì, a causa delle terrificanti condizioni dell’asfalto pieno di buchi, il traffico si riteneva libero di decidere in quale carreggiata fosse un poco meglio e percorrerlo indifferentemente nel senso di marcia desiderato.
Ho cambiato quattro pistoni , due cilindri e due frizioni. Nell’amazzonia brasiliana, in acre la terra del grandissimo Chico Mendes, foravo almeno due volte al giorno per una settimana intera. Ho percorso 1500 km completamente senza freni tra Thailandia e Malesia, ho saldato i portapacchi decine di volte e guidato spesso di notte coi fari KO in un buio così fitto che mi toccava aspettare che arrivasse una macchina per lanciarmi all’ inseguimento e sfruttarne i fari.
Ho visto il mondo e pensato e osservato tanto, perché la sella di una Vespa è un luogo privilegiato.
Da questa grandiosa esperienza è nato “Il giro del mondo a 80 all’ora”, in cui ho cercato di portare il lettore in sella con me a bordo del TS. Se sarò stato capace di trasmettere anche solo una piccola percentuale della bellezza e dell’avventura vista e vissuta, potrò dire di avercela fatta.
si legge tutto d’un fiato, è scritto molto bene e l’autore sa raccontare i vari itinerari come se leggessi un libro di avventura, e come essere li con lui.
..un libro on the road fantastico, ironico e tagliente, da diventare una droga, non riesci a smettere di leggerlo
si ha come l’impressione di essere insieme a lui e vivere le sue (rocambolesche) avventure su due ruote. Scritti in maniera fluida e leggera.
L’unica “pecca” è che si divorano velocemente.
Voi ricordate cosa era il Drive-In?… No. Non intendo la trasmissione degli anni 80 con i primi comici senza regola che si permettevano di dire certe cose contro la nostra povera patria.
Intendo proprio il Drive-in americano degli anni 50. Quello da American Graffiti, tanto per intenderci.
Io e Luca siamo cresciuti assieme, ed è stato un incontro per cui benedire il destino, o forse Dio, se ancora esiste qualcuno che ci crede.
Avevamo appena 20 anni. Io ero uno scavezzacollo e passavo le serate in giro a bere e fumare, ma poi verso mezzanotte passavo a prenderlo con la macchina, perché lui studiava per superare gli esami che poi lo avrebbero portato a laurearsi in Ingegneria con il massimo dei voti. Lo aspettavo davanti al portone, e lui scendeva con gli occhi carichi e pesanti di tutte quelle carte su cui aveva sudato. Entrava in macchina e non mi diceva una parola, sbatteva la porta e si sedeva nel lato passeggero: tanto io sapevo già bene dove andare. Dove portarlo. Voleva evadere. Solo evadere.
Andavamo in qualche posto in cui vedere la città dall’alto, perché Genova è una città straordinaria a vederla sculacciata dal mare, ma anche perché la polizia avrebbe potuto sindacare riguardo il contenuto delle nostre tasche.
Ed e’ per questo che vi parlo del Drive-in. Ricordo il parabrezza che fissavamo dopo aver posteggiato, mentre qualche cantautore ci insegnava la via della loro vita dal mangianastri, e noi che sognavamo, chiacchieravamo, ci confrontavamo, litigavamo, e ci prendevamo pure letteralmente a pugni. Guardavamo quello schermo dove veniva proiettata la nostra ambizione.
Generalmente la pensavamo uguale. Ma nessuno dei due aveva voglia di ammetterlo all’altro. E allora qualche scazzottata fra fratelli poteva anche succedere. Ma erano solo abbracci. Quelli davvero… veri.
Guardavamo la linea dell’orizzonte e sognavamo… sognavamo…. Sognavamo!
Questo libro è la realizzazione di quei sogni.
Leggerlo da i brividi. E’ la magia di un sogno che è diventato realtà. E non per caso, ma per la determinazione di chi ha reso possibile quello che voleva. Quello che sognava.
Prendi una vespa del cazzo e’ te ne vai in giro per il mondo? Capite perché poi andava a finire a pugni? Ma mi prendi sul serio? Eppure dietro quegli occhi si poteva vedere chiaramente che non scherzava per niente.
Se ho mai avuto paura di quell’uomo, e’ solo per la pazza determinazione che si vedeva chiaramente essere in grado di portarlo ovunque.
Questo libro è straordinario nella misura in cui racconta che non ci sono barriere, limiti e confini. Non è solo un libro di viaggi, è un libro che insegna a vivere seguendo l’istinto, anche il più impossibile da credere. E’ un incentivo alla vita, una medicina da prendere prima di andare a dormire per poi svegliarsi e dire: “non esiste proprio niente che io non possa fare. NIENTE, ragazzi!”; nemmeno smontare una Vespa bullone per bullone, imbarcarla su un aereo e spedirla in un altro paese via aerea come fosse un semplice bagaglio, perché la burocrazia ci si è messa di mezzo…
Prendete sul serio ogni vostro dannato sogno. Questo libro non percorre la geografia terreste, ma quella della vostra anima e delle vostre aspirazioni.
Luca con il suo libro ci porta a vivere il suo viaggio , a essere con lui dentro al suo sogno, a respirare la sua paura ma anche la sua meraviglia quando davanti ai suoi occhi appaiono paesaggi indescrivibili !
Spettacolo…..Da oggi il mio libro preferito!Un libro in cui risaltano la passione per le due ruote mista ai viaggi, raccontata in maniera semplice, e leggera.Un libro molto spassoso, mi ha fatto venire la voglia di fare lo zaino e partire!Complimenti davvero Luca