Intervista a Massifish, vivere da nomade del nuovo millennio.
Nato a Napoli anche se sente Parigi come la sua casa di sempre. Quale è il confine tra viaggiare molto e vivere da nomade? perché alcune persone scelgono di viaggiare per la maggior parte della loro vita, di essere sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo che le emozioni, di avere ogni giorno uno sguardo curioso sul mondo. L’ho chiesto ad un ragazzo davvero fuori dal comune, ama farsi chiamare Massifish come il suo blog personale – www.massifish2.wordpress.com anche se alla anagrafe il suo nome è Massimiliano del Vacchio, spero di leggere presto il suo libro I sorrisi del Maghreb, in cerca di editore..
1. Cittadino del mondo o in viaggio da una vita? Raccontaci le tue tappe.
Forse le due cose insieme. Dopo circa vent’anni passati quasi sempre all’estero, viaggiando, lavorando e vivendo in altri Paesi, è difficile non definirsi un cittadino del mondo. Anche oggi, alla soglia dei 40 anni, l’idea di tornare a Parigi, la mia casa da sempre, o di trasferirmi altrove e vivere nuove esperienze, mi affascina ancora, allo stesso modo di quando avevo 20 anni e desideravo solo una cosa: partire, viaggiare e scoprire il mondo. A 23 anni partii per Parigi con un progetto di studio Erasmus dell’università e da allora Parigi ha sempre rappresentato stabilità e sicurezza, un importante punto di riferimento, un luogo dove poter “tornare” ogni volta che ne sentissi il bisogno. Parigi fu la scoperta che il mondo è grande e che io avevo voglia di conoscerlo. Dopo i primi due anni trascorsi nella capitale francese, partii per un viaggio di 1 anno in Sud America dove, girovagando e scoprendo nuovi Paesi, dalle Ande ai Caraibi, mi fermai anche per lavoro, prima in Argentina e poi in Venezuela. Dopo questa lunga esperienza, trascorsi ancora un anno a Parigi, per lavorare e guadagnare qualche soldo, in seguito mi trasferii per due anni in Irlanda dove ebbi modo migliorare il mio inglese. Seguirono poi due anni a Roma, che per me fu come vivere in un Paese straniero e, nell’obiettivo di portare a termine la laurea, mi trasferii per sei mesi in Russia, a San Pietroburgo, per seguire dei corsi di lingua e cultura russa. Conseguita la laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Istituto Universitario l’Orientale di Napoli, tornai ancora una volta nella ville lumière dove, dopo quattro lunghi e difficili anni, ha avuto inizio questa bella avventura, questo mio lento viaggiare, che mi accompagna da già tre anni e che mi ha portato in Marocco, Tunisia, Turchia, Siria, Giordania, Grecia e in India.
2. Perché hai scelto tante volte di trasferirti per lunghi periodi in un Paese invece di costruirti una vita nel tuo?
La ragione principale che da ragazzo mi spinse a lasciare l’Italia fu quella d’imparare nuove lingue, era inevitabile visto il mio corso di laurea. Ogni viaggio, ogni decisione di trasferirmi in un nuovo Paese è sempre stata legata soprattutto a questo desiderio, quello di conoscere abitudini, culture e lingue diverse dalle mie. Tutt’oggi, quando viaggio, imparare da subito un po’ della lingua locale è per me naturale ed automatico, e spesso lo sento anche un dovere nei confronti del Paese in cui ho deciso di viaggiare o vivere. Amo il mio Paese, al quale resto legato nonostante tanto viaggiare, ma tutti gli altri Paesi in cui sono stato ho potuto vederli con uno sguardo diverso, grazie ad una specie di filtro che gioca a favore di chi vive da “straniero” e che ha la fortuna di osservare un Paese con altri occhi. Quante volte in passato ho desiderato essere uno studente straniero, uno di quelli che vedevo da ragazzo quando vivevo a Napoli e studiavo all’università. Lo desideravo perché loro, gli stranieri, avevano l’occasione di poter guardare e vivere la città, la sua bellezza e la sua passione, come io non potevo fare, perché sono cresciuto lì e vedo le cose inevitabilmente in maniera differente. E’ forse per quello che a 23 anni sono voluto partire, lasciando Napoli e l’Italia, perché volevo anche io vivere quella condizione da “straniero” che per tanti aspetti ho sempre ritenuto fosse molto privilegiata. All’estero ho sempre avuto la sensazione di vivere e ricercare una realtà vicina e familiare, ma al tempo stesso la mia percezione di quella realtà la rendeva migliore, proprio grazie a quel filtro, che da sempre mi permette di creare un legame con la gente, le abitudini di un Paese, la loro lingua e la loro cultura, nettamente migliore, quasi come se grazie a quel filtro il mio status da “straniero” mi aiutasse a vedere il meglio delle cose e della gente. Ho sempre pensato che vivere all’estero sia una grande opportunità, perché si riesce a percepire il mondo in modo meno drammatico e a vedere pochi dei suoi difetti. A mio favore giocano sicuramente le mie origini napoletane e la mia italianità, quelle di un popolo di viaggiatori, pronti ad adattarsi a tutto e a tutti, e di una cultura ricca di storia e di passato, fattori che mi hanno sempre aiutato e sostenuto nelle mie scelte.
3. In base a cosa scegli una destinazione?
Il caso ed il costo del biglietto! In genere ho sempre in mente due o tre destinazioni, poi però sono le offerte dei voli che decidono per me. Al tempo stesso ho anche cercato di seguire un filo conduttore. Così è stato per il primo anno di viaggio, quando sono partito per il Maghreb e il Medio Oriente, quindi sommergendomi a pieno in una cultura arabo/mussulmana che ho semplicemente amato, rientrando poco prima che iniziassero le rivolte legate alla primavera araba, e così è stato per l’Asia. Ho vissuto qualche mese in India ed ora mi accingo ad entrare in Sri Lanka, per poi continuare un calmo e spero sereno giro del sud-est asiatico.
4. In che cosa è diverso l’approccio del tuo ultimo viaggio di 3 anni?
In questi ultimi tre anni ho imparato a spendere e gestire diversamente il tempo a mia disposizione, a non correre, a non andare di fretta, a godermi lentamente ogni singolo luogo visitato e amato, ogni singolo sorriso che mi ha fatto sentire il benvenuto. I Paesi che ho scelto non ho voluto soltanto visitarli, ma ho voluto soprattutto viverli, respirarli e farli diventare parte di me. Questo spiega perché abbia potuto trascorrere anche mesi interi in piccoli villaggi, cullato dal dolce far nulla, perché solo vivendo questo viaggio con calma potevo farli miei e conoscerli, e non solo visitarli. Oggi, dopo tre anni dalla prima partenza (il Marocco), l’affetto delle persone del posto che hanno reso speciale quell’esperienza e le successive, è ancora così forte e presente, che il solo ricordo alle volte mi commuove e mi accompagna quotidianamente nel seguito di questa avventura. Questo, per me, è il senso del viaggiare. E questo è quello che ad oggi ha reso questo lungo viaggio diverso da tanti altri fatti in passato. C’è chi viaggia per visitare luoghi, chi per fare il giro del mondo in tutta velocità, chi per vivere l’esperienza unica di tutta una vita, e c’è chi come me ha deciso di viaggiare per conoscere i sorrisi della gente e grazie ad essi scoprire Paesi e popoli, e sentirsi felice. Questi sorrisi sono quelli che ho deciso di raccontare nel mio primo libro, “I Sorrisi del Maghreb”, che sto ultimando e che spero trovi velocemente un editore.
5. Che itinerario hai scelto e perché?
Non ho scelto un itinerario preciso. Tutto è stato sempre affidato al caso e al mio sentire. L’interesse per la cultura arabo/mussulmana, ad esempio, è nato un paio di anni prima della partenza, a seguito di qualche breve ma seducente soggiorno in Tunisia, in Egitto e in Giordania. In occasione di quei soggiorni avevo scoperto luoghi vicini, affascinanti, atmosfere familiari, nonché gente semplice ed ospitale, che aveva saputo emozionarmi con la tenerezza dei propri sguardi e con la generosità che li contraddistingue. Quelle emozioni erano quello di cui avevo bisogno in quel preciso momento della mia vita, momento in cui dovevo dimenticare un po’ di quella solitudine emotiva che regalano le grandi città, sanare un po’ di ferite e tornare a sorridere. Dopo un lungo periodo trascorso tra il Maghreb ed il Medio Oriente, dove sono stato circondato da enorme calore e rispetto, ho sentito il bisogno di cambiare, volgere il mio sguardo verso un nuovo sentire, che non doveva essere più quello al quale mi ero abituato per oltre un anno. Ecco il perché di un viaggio di qualche mese in Grecia, alla ricerca di luoghi ed emozioni familiari, ecco il perché dell’India e dell’Asia, il modo migliore per voltare pagina, per conoscere abitudini, costumi e forse anche sorrisi diversi da quelli conosciuti fino a quel momento.
6. Che cosa vuoi dimostrare a te stesso in questa ultima sfida?
Non credo di voler dimostrare qualcosa, soprattutto non a me stesso. Dopo quattro anni di duro lavoro, di grandi difficoltà personali, ho sentito il bisogno di prendere una boccata d’aria, rimpossessarmi di quella libertà che, forse, negli ultimi anni avevo un po’ smarrito. Quando viaggio, mi sento felice, e questo è quel che conta.
7. Che cosa hai imparato in questi ultimi tre anni di viaggio che non avevi imparato semplicemente vivendo in un paese?
I meccanismi che si mettono in moto quando si viaggia e quando si vive in un Paese straniero sono, ovviamente, del tutto diversi fra loro. In questi ultimi tre anni vissuti lontano dai meccanismi di una vita cosiddetta “normale”, ho desiderato tante volte di arrivare in un luogo e restarci a lungo, viverci, lavorarci e condurre una vita più stabile. Nonostante tutto però, nonostante sia molto legato a certi luoghi che mi hanno umanamente aiutato a rinascere, credo di aver capito che scegliere di restare in un posto per tre o quattro settimane, facendomi cullare dall’idea e dall’illusione di stabilirmi in quel Paese, sia molto meglio e più gratificante che viverci davvero. Credo che se mai decidessi di fermarmi in un posto piuttosto che in un altro, quei luoghi e quelle persone finirebbero per avere su di me un effetto completamente diverso da quello che hanno oggi, in questo dolce viaggiare solitario.
8. Mi racconti un momento particolarmente difficile e come lo hai affrontato?
Di momenti difficili in viaggio ne ho vissuti pochi, anzi pochissimi, ma anche quei pochi è giusto che ci siano stati, perché fanno parte del viaggio e di questo tipo di esperienze, alle quali ci si deve abituare molto lentamente, così come alla gente, alle abitudini e ai costumi dei Paesi in cui ci si trova. C’è un momento però che mi ha sicuramente segnato e turbato, ed è stato proprio dover interrompere più volte il mio viaggio e il filo di emozioni ad esso legate, rientrando in Europa per motivi familiari. Come l’ho affrontato? Semplice, ho aspettato un po’, ho risolto quello che c’era da risolvere e sono ripartito!
9. Come è il tuo rapporto con gli amici di sempre quando torni a casa dopo tanto tempo che sei in giro?
Ho amici sparsi un po’ ovunque, quelli davvero cari intendo, di vecchia data. Ne ho uno a Roma, un’altra a Madrid, più di uno a Parigi, ecc, ecc…e poi tanti, tanti altri che, anche se li ho conosciuti e visti l’ultima volta vent’anni, l’affetto che ci lega è talmente forte e spontaneo che il tempo alla fine conta davvero poco. Insomma, vecchi amici sinceri che sono da sempre abituati a me, al mio stile di vita e che so che mi aspettano, sia che torni da un lungo viaggio o che passi a trovarli per un semplice fine settimana. Non amo la quotidianità e l’abitudine, questo loro lo sanno benissimo, quindi quando li ritrovo, ognuno dedito alla propria vita, così come io alla mia, la familiarità che ci lega è sempre sorprendente, anche dopo mesi, anni in cui non abbiamo avuto alcun tipo di contatto. E questo è bello. Quando si parte di casa, dal luogo dove siamo nati, soprattutto dopo aver trascorso un po’ di tempo a spostarsi di Paese in Paese, credo che il modo in cui ci si lega alla gente cambi, come credo cambi anche il modo in cui gestiamo i nostri rapporti. Diciamo che si diventa più “leggeri”, si vive con un’intensità diversa i momenti in cui ci si ritrova con i propri affetti e, quando questo succede, il tempo sembra davvero non essere mai passato.
10. Mai partire senza…
…un grande sorriso e la voglia di scoprirne tanti altri ancora!
“quando viaggio mi sento felice” questo è quello che conta…TANTA STIMA.