La difficoltà dello “stare”
Chi ama viaggiare spesso si nasconde dietro una frase di Chatwin “l’irrequietezza del viaggiatore solitario“, questa incredibile forza, voglia necessità di andare, di errare senza meta spinti da un fuoco sacro interno, poetico vero? Anche io mi sono identificata dentro le parole di uno dei miei scrittori preferiti per rispondere a tutte le domande che mi facevano gli altri e che mi facevo io stessa.
Nell’ultimo anno come sapete ho deciso di “andare di meno” ma quando pensavo al di meno, sicuramente non avrei mai immaginato una normativa che mi impedisse anche di attraversare la città, eppure se la guardiamo sotto un altro punto di vista la vita mi ha messo davanti ad un qualcosa di cui forse avevo bisogno, e mi immagino non solo io.
“Mi dispiace devo andare”, “scusa sono molto impegnato in questi giorni” siamo sinceri, queste frasi a volte sono un alibi, spesso non ci va di affrontare discorsi difficili, non abbiamo voglia di sviscerare crisi o punti di vista rognosetti con amici, parenti o con noi stessi. Si è sempre troppo impegnati per cose che in realtà sono importanti e si ha sempre tempo per quelle frivole. E poi succede che ci “chiudono” letteralmente in casa e questo non significa che dobbiamo solo finalmente mettere in ordine l’armadio, ma anche i nostri pensieri.
“Stare” è così difficile perché non si hanno vie di fuga, non abbiamo un modo concreto per poter non pensare o non vedere le cose. Restare a casa per diverse settimane ci mette, prima o poi, in contatto con i nostri dubbi e con le nostre paure. Anche se non siamo delle persone che hanno l’abitudine di meditare o di fare un lavoro su noi stessi questa condizione ci metterà in automatico in quello stato.
Quando faccio travel coaching, dico sempre che il viaggio ha la capacità di metterci in contesti sfidanti più velocemente rispetto alla vita di tutti i giorni, ci sta succedendo esattamente la stessa cosa ma in senso contrario. Lo stare forzatamente a casa ci porterà irrimediabilmente ad affrontare delle questioni spinose, a fare bilanci, non necessariamente negativi, a soffermare il pensiero su chi ci manca di più e capire chi non ci manca per nulla. Chi di noi ha la fortuna di vivere con la propria famiglia potrà godere finalmente di un tempo pieno e non uno in cui si racconta la giornata come al ritorno da scuola dei bambini. A volte spostare alcune relazioni sulla profondità può far paura perché si teme di entrare più facilmente in conflitto, ma è anche un modo per mettere alla prova il proprio affiatamento e la propria vera intesa.
Non avere appigli, non avere scuse, non avere alibi, è difficile, sempre; sia che tu debba vederti allo specchio da solo, sia che tu debba farti vedere dalla persona che hai scelto nella vita, ma è un tassello fondamentale per vivere pienamente, per essere sinceri e coerenti con se stessi.
Quando siamo catapultati in un contesto diverso dal solito siamo più creativi perché la mente ha nuovi stimoli, in questo caso di pandemia il nuovo stimolo è il tempo, siamo in un contesto familiare, ma per un tempo poco familiare, usiamo questo tempo nel modo migliore, cerchiamo di concentrarci più nell’interazione con i nostri cari o in cose che arricchiscono noi stessi, anche se può sembrare banale, ma dedichiamo ai film e alle serie un tempo limitato. Diamo spazio a qualcosa che di solito trascuriamo, dal sonno, alle passeggiate al parco alla lettura. In fondo nello stare si trova l’equilibrio, caratteristica fondamentale anche quando si “cammina” perché ci dà più stabilità nelle scelte della vita.