Michela: bloccata in Australia per la pandemia sceglie di viverla in van
Dopo essere arrivata in Australia nel marzo 2020, Michela Para si trova improvvisamente sola in un paese straniero nel mondo chiuso della pandemia. Non potendo tornare indietro, ci racconta come ha deciso di proseguire il viaggio col solo ausilio di un van e delle proprie risorse personali. Un bella metafora sulla libertà e su come affrontare le sfide che a volte possiamo incontrare lungo il cammino.
Sono Michela Para e ho 27 anni, italiana di nascita ma cittadina del mondo di acquisizione. Una laurea in educazione d’infanzia presa al volo e, subito dopo, un viaggio di un anno dall’altra parte del mondo, in Australia, per capire cosa succede fuori dai miei soliti schemi.
Partita sola con uno zaino 50 l+10 e tanta voglia di scoprire.
1. Nel 2020 sei andata in Australia. Quali erano i tuoi programmi di allora?
Nel 2020 ho deciso di ritornare nella terra dei canguri. Avevo passato in Australia un anno nel 2018 e avevo visto quanto potenziale c’era ancora da sfruttare.
La mia idea era di lavorare lì per un anno, per poter mettere via un po’ di soldi e poi poterli usare per realizzare diversi progetti
2. Sappiamo che hai praticamente vissuto un’avventura dentro l’avventura perché poco dopo essere partita è scoppiata la pandemia. Cosa hai fatto a quel punto?
Qui inizia la vera storia del viaggio. Arrivo in Australia il 2 marzo 2020. Già in aeroporto a Singapore si iniziava a respirare aria di restrizioni per gli italiani. Ma eravamo ancora in una versione beta di quello che poi sarebbe successo.
Quindi, dopo qualche domanda, alla fine mi hanno fatto imbarcare sul mio volo direzione Melbourne.
Arrivo nel paese, dopo 10 giorni l’Italia era in lockdown. Panico totale. Molti italiani iniziano a pensare di tornare a casa. Ma i voli costano 3000 dollari e spesso neanche partono. Devo ammettere che non ho mai considerato l’opzione di tornare, ero appena arrivata e avevo atteso questo viaggio da così tanto.
Così ho deciso di restare. Abbiamo deciso di restare. Eh sì, perché non ero più sola.
Avevo trovato un ragazzo italiano su un gruppo Facebook che voleva andare a cercare farm (fattorie) in cui lavorare.
Siamo partiti con il suo van scassato 6 posti (ragazzi il van aveva 450mila km!) e poi lungo la strada si sono aggiunti altri tre italiani. Nessuna farm ci voleva perché avevano paura che avessimo il Covid. Arrivavamo al cancello e ci mandavano via.
Ci siamo ritrovati così a fare dieci giorni di campeggio nelle aree di sosta di notte e a cercare fattorie durante il giorno.
Dopo tanti tentativi, veniamo presi come raccoglitori di mandarini.
Si rivelerà poi un lavoro alquanto sottopagato e “spaccaschiena”, ma piuttosto che vivere in 5 in un van, non è cosi male.
Rimaniamo lì per due mesi, e poi partiamo per il nord, verso Cairns, alla ricerca di qualcosa di meglio.
A Cairns trovo un ostello in cui mi creo letteralmente una seconda famiglia. E trovo lavoro in fretta. Troppo lavoro. Dopo due mesi compro un van e, dopo aver lavorato un altro po’, parto per un viaggio da sola con il van, con destinazione finale Tasmania.
3. Ci hai detto che da questa esperienza sono uscite cose bellissime. Cosa hai imparato?
Devo dire che è stata molto dura all’inizio, ma tutto questo alla fine ha ripagato il triplo.
Mi ha portato a prendere decisioni che non avrei mai preso se non avessi deciso di restare in Australia durante il Covid.
Questa esperienza mi ha aiutato a capire che certe situazioni sono solo transitorie, ma ci devi passare per arrivare al momento successivo. Quel lavoro del cappero che non ti piace, ti serve, per mettere via due soldi e poi andartene a cercare qualcosa di meglio.
Ho capito ancora di più quanto sostenersi a vicenda sia un grande aiuto quando pensi di essere solo a vivere certe situazioni. In realtà spesso non lo sei, devi solo guardarti in torno un po’ di più.
Vivere il Covid in un modo diverso dall’Italia, in cui potevo essere abbastanza libera, mi ha dato una spinta ad impegnarmi ancora di più per sfruttare quella libertà a pieno.
Mi ha portato a stabilirmi in una città, Cairns, per 7 mesi. Non ero mai stata così a lungo in un posto in Australia.
Lì ho lavorato come sostegno per una bambina disabile. Lei non parlava, sapeva fare qualche versetto e muoveva le gambe.
E lei mi ha insegnato che i disabili non sono alieni, sono persone che vivono nel nostro mondo, ma esprimendosi in un modo diverso. Bisogna solo imparare a parlare la loro lingua.
Un’altra cosa è aver ricordato a me stessa quanto il razzismo sia stupido.
Essendo stata io per prima l’immigrata che va a cercare lavoro in un altro paese, ho capito quante cose ignoriamo quando giudichiamo uno straniero che viene a lavorare nel nostro paese.
4. Vivere e viaggiare in un van. Ci racconti com’è (stato)?
Vivere in van è bellissimo, ma allo stesso tempo ti mette continuamente alla prova. Guidare centinaia di chilometri nel nulla da soli è un’esperienza che mi ha dato tanto.
Ho guidato da Brisbane a Melbourne, passando dall’interno, in due giorni. Sono circa 1600 chilometri.
Musica a palla, dalle sigle dei cartoni animati a canzoni su amori perduti. E io lì, nella steppa australiana a guidare e cantare. E ad essere felice.
A volte capitano imprevisti che devi risolverti da sola. Un giorno il van ha iniziato a traballare e non funzionava l’acceleratore. Un’altra volta ha iniziato a pioverci dentro e il generatore è andato in tilt. Si diventa un po’ meccanici, un po’ elettricisti. Tuttofare insomma.
In diversi casi ho trovato gente che mi ha dato una mano, non si è quasi mai soli alla fine. Per quanto riguarda viverci nel van, era come una casa su ruote: avevo il mio letto e dietro un piccolo fornello a gas dove cucinavo e un piccolo frigo.
Una cosa a super noiosa a volte era non avere il bagno, ma in Australia c’è davvero tanta tanta natura eheh.
Trovare posti in cui dormire (e farsi la doccia!) a volte era complesso, magari ero a 100 km da tutto e mi ritrovavo a guidare 2 ore in più per arrivare all’area di sosta.
Diverse volte ho dormito in riva al mare, con il rumore delle onde…e le zanzare tigri più altri insetti vari che mi assalivano durante la notte. Ma fa parte della van life ed è bello così.
5. Ci racconti una giornata o un evento in particolare?
Un evento che mi ha fatto sentire davvero bene è stato quando sono arrivata con il van in Tasmania. Dopo un viaggio di tre giorni da Brisbane a Melbourne, aver dormito da sola nel mio van nelle aree di sosta più disparate, nel mezzo del nulla, ho sentito che avevo realizzato un progetto che mi ero messa in testa. E l’avevo fatto tutto da sola.
Guidare per ore e ore da soli nel bel mezzo del nulla è stata una sfida molto costruttiva per me, io che non avevo mai fatto più di 50 km in macchina a casa. Ma in Australia le strade sono così grandi e vuote che sembrano dirti “sali su quel van e parti!”
6. Quali consigli daresti a chi volesse fare la tua stessa esperienza?
Di comprare quel biglietto e partire! A volte pensiamo troppo, io ho spostato il volo due volte e se non lo avessi preso alla terza, non sarei più partita per il Covid!
Fare piani, ma essere pronti a cambiarli di continuo. Più pianifico e più le cose vanno in un altro modo, spesso ancora meglio. Non preoccuparsi troppo se non si sa benissimo l’inglese, si può imparare qua parlando tutti i giorni con altri viaggiatori e le persone del posto.
Essere aperti e curiosi. Quando sei curioso/a ti si aprono tantissime porte.
7. Dove sei ora?
In Sri Lanka! Sto viaggiando qui da un mese e mezzo. Nelle ultime settimane mi sono presa cura di un cagnolino trovato per strada. Aveva la rogna e adesso ha la pelle nuova!
8. Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sicuramente continuare a viaggiare. E, nel frattempo, studiare per crearmi una posizione di lavoro online, sto studiando diverse opzioni.
Voglio anche migliorare la mia presenza sui social. Creare il mio blog in cui racconto le mie avventure.
Ho anche iniziato a scrivere un libro. Un giorno ne scrivo 20 pagine un giorno nessuna. Dipende dall’ispirazione.
Magari anche tornare in Australia, chi lo sa.