Niente e così sia di Oriana Fallaci
Niente e così sia
di Oriana Fallaci
edito Bur
Uno dei libri che sempre ti consigliano prima d’andare in Vietnam è Niente e Così Sia, di Oriana Fallaci.
Mi avevano detto: “È un bel libro sul Vietnam, ma è pesante, preparati!”. L’ho iniziato come quando si inizia un cammino obbligato, una medicina, non si visita un paese senza conoscere meglio la sua storia. Pensavo fosse pesante perché parlava di guerra, di sangue di morte, ma quello è il Vietnam a cui gli americani ci hanno abituato, quello lo trovi nei film, la Fallaci no, lei ti racconta le persone.
Non deve essere facile fare il reporter di guerra, non solo per il rischio di morire, ma soprattutto perché deve essere davvero difficile capire da che lato sia il torto. La guerra è brutta in assoluto, non c’è un lato che sbaglia e uno che ha ragione.
La guerra del Vietnam, noi la chiamiamo così ma in Vietnam la chiamano la guerra contro gli Americani, è stata una delle più lunghe del secolo passato, 20 anni di atrocità, ma soprattutto un significato molto labile, a volte quasi nullo. Il dramma di questa guerra, quello che l’ha resa così iconica è che i circa due milioni di morti sono avvenuti praticamente senza senso e questo libro rende questo “aspetto” molto chiaro.
Braccio di Ferro internazionali hanno portato milioni di giovani ad ammazzarsi senza saperne il perché, compatrioti spararsi l’un l’altro per rendere felice il proprio generale. In psicologia è un evento molto importante perché ha permesso per la prima volta di studiare, la Sindrome da Stress Post Traumatico, di cui ne sono stati vittima praticamente tutti i veterani.
Parlare di un solo fronte, sarebbe propaganda, sarebbe un atteggiamento epico, far parlare tutti è diverso. Nordvietnamiti che sparavano ai sudvietnamiti e viceversa, la Fallaci ha intervistato entrambi gli schieramenti, entrambi i generali e la sapete la cosa assurda, entrambi dicevano le stesse cose ed erano mossi dagli stessi principi. E allora perché si sparavano? Boh! Per massimi sistemi, per ragioni alte direi, anche se erano quelli ai piani bassi a morire.
Oltre il mio giudizio personale su quella guerra o su altre condotte dalle stesse persone, cosa che credo interessi poco ai miei lettori, il motivo per cui suggerisco enormemente questo libro è perché fa parlare i vietnamiti. La Fallaci ha intervistato, i generali nord Vietnamiti, sudvietnamiti, i prigionieri vietcong, quelli pentiti e quelli destinati alla pena di morte. Ha fatto parlare i colonnelli americani, i ragazzi appena arrivati e terrorizzati, quelli che morivano alla prima missione, quelli con sindrome da stress post traumatico, i giornalisti, i fotografi, i vecchi che continuavano a vivere a Saigon, nonostante tutto, nonostante le bombe.
Il filo conduttore di questo libro sono i pensieri dell’autrice, il continuo interrogarsi sull’inutilità della vita, della razza umana, sull’esistenza di Dio. Un dialogo spesso solitario o altre volte rivolto a Francois Pelou il direttore di France Presse, con il quale la Fallaci ebbe una bella storia d’amore.
Ci illudiamo di pensare sempre alle ingiustizie, alle difficoltà della vita, ma la verità è che siamo sempre nel turbinio della nostra quotidianità, che per quanto banale è ovviamente importante.
Se decidete o state programmando un viaggio in Vietnam vi consiglio vivamente di leggere questo libro, a parer mio mentre siete lì, il modo in cui guarderete le persone, i luoghi, i volti delle persone anziane sarà diverso.
I Vietnamiti sono il popolo più forte, orgoglioso e sereno che io abbia mai incontrato è per questo che hanno vinto ogni guerra che hanno combattuto, il loro approccio alla vita è serafico, loro non titubano, non mettono in discussione il da farsi, loro fanno quello che devono fare, che sia coltivare il riso ogni giorno della loro vita, spaccarsi la schiena con pesi enormi, camminare 12 ore al giorno nella giungla, vivere in trincee o sparare contro un elicottero americano con dei piccoli fucili, loro vanno sempre avanti e infatti vincono!
Un libro del cuore, straordinario