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Mi chiamo Valentina, ho 33 anni e vengo da una verde vallata nelle Dolomiti, in provincia di Trento. Ho scoperto e coltivato la passione per i viaggi e l’esplorazione del mondo e nuove culture. Dopo aver viaggiato con diversi mezzi, ho capito, sperimentando, che la bici era il mezzo che meglio si sposava con i miei ideali e princìpi. Potete seguirmi su Instagram: www.instagram.com/valentinaonwheels
Potete supportare il mio viaggio con una donazione su paypal:PayPal.me/VALENTINABRUNET il cui una parte del ricavato aiuterà le famiglie bisognose che inconterò pedalando, ad oggi ho supportato diverse famiglie in Kazakistan, Kyrgyzstan e Tajikistan, credo che le prossime che aiuterò sarnno in Iran.
1. Cosa ti ha spinto ad iniziare un lungo viaggio in bici?
Diciamo che è iniziato un po’ per caso, un breve viaggio in bicicletta nel Sud Est Asiatico qualche anno fa, aveva lasciato indelebili, meravigliosi ricordi. Come un albero, ha dato i suoi frutti, ed a loro volta i semi di questi frutti sono rimasti lì, in attesa di germogliare. Questi semi depositati nel background della mia mente, dotati della propria intelligenza, hanno trovato la luce, guidandomi verso le migliori scelte ed intuizioni affinché potessero germogliare rigogliosi.
Come accennato, ho provato diversi mezzi per viaggiare: mezzi pubblici, autostop, furgoncino camperizzato. Mi ero accorta che quello che adoravo dei miei viaggi, era la strada in sé, il viaggio, non la destinazione che raggiungevo, con la libertà di fermarmi dove volevo. La bicicletta è sicuramente il mezzo che mi ha regalato le emozioni più forti, e che si adatta di più alle mie preferenze, senza dimenticare che è un mezzo eco-friendly.
2. Come mai dal Vietnam raccontaci cosa avevi in mente
Ho accennato al breve viaggio nel Sud Est Asiatico, 3 anni prima di questo. 3 mesi, iniziati da backpacker e terminati in sella ad una bicicletta. Il Vietnam era uno dei paesi che non avevo visitato allora perché ogni tanto ci si trova di fronte a dei bivi e a delle scelte da fare, l’avevo scartato in passato, e finalmente era arrivato il momento di passarci.
Questo viaggio è iniziato 2 anni fa con un volo di sola andata per il Giappone, in primavera per non perdermi l’effimera fioritura degli alberi di ciliegio. Il lancio di una monetina mi ha portata a volare ad Okinawa, in Taiwan prima ed in Vietnam poi. Onestamente uno dei parametri di scelta per il Vietnam è stato l’economicità del volo. Non volevo tornare in posti già visitati. Giappone e Taiwan li ho girati prevalentemente in autostop.
Un giorno, in Taiwan un amico mi ha invitata per un giro lungo la splendida costa est in scooter, ed ho accettato volentieri. Lui era un cicloviaggiatore, che ogni tanto mi parlava dei suoi viaggi in bici con occhi sognanti. Ha riportato i ricordi del mio viaggio in primo piano nella mia mente. La libertà di poter scegliere dove fermarci e scattare qualche foto mi era mancata molto durante i viaggi in autostop.
Dopo 4 giorni dal mio arrivo in Vietnam, avevo recuperato la bici e attrezzatura davvero basica…per non dire “set-up imbarazzante”. Ma al momento andava bene così, e presa dalla foga, ricordo di aver pedalato 110km il primo giorno.
3. Come hai creato l’itinerario in questo anno e mezzo?
L’itinerario non è stato studiato, ha preso forma strada facendo. Ovviamente ho dovuto riconsiderare delle scelte e adattare il mio itinerario secondo una delle regole che ho voluto mettere a questo viaggio: non prendere aerei. La partenza dal Vietnam, l’idea di fare dell’India il mio punto di arrivo, e la regola di non volare, non andavano d’accordo perché c’è di mezzo il Tibet, dove viaggiare via terra è complicato o se non altro, molto costoso dato che vige l’obbligo di visitarlo in un tour organizzato. Più avanti si sarebbe comunque presentato il problema del visto Pakistano.
Frequenti chiacchierate con
Dino Lanzaretti, il prode cicloviaggiatore italiano che ha attraversato la Siberia in bici d’inverno, mi hanno indirizzata verso la
Mongolia. Il visto cinese non è stato semplice da ottenere, ma con perseveranza e pazienza, sono riuscita ad ottenerlo. Era pieno inverno in Cina, molta pioggia e umidità, dovevo trovare un posto con un clima migliore per asciugarmi le ossa ed aspettare l’arrivo di una stagione migliore. Hong Kong, dove ho potuto fare i visti per i Paesi successivi: Cina, Mongolia e Russia. Dopo la Russia il richiamo della Pamir Highway (la seconda strada più alta del mondo tra Kirghisistan e Tajikistan) è stato ovviamente irresistibile e mi ci sono tuffata.
Molti viaggiatori mi avevano parlato benissimo dell’Iran e mi sembrava un’ottima scelta dirigermi verso Sud, visto il freddo inverno in vista.
Da lì ho deciso di saltare l’inverno a piè pari ed ho preso un traghetto per gli Emirati Arabi e proseguito verso l’Oman, dove ho fatto un loop per tornare negli Emirati Arabi, da dove tornerò per la seconda volta in Iran.
4. Come affrontavi il caldo umido dell’Asia dovendo pedalare?
Quando fa molto caldo, mi sveglio presto, faccio una siesta nelle ore centrali della giornata e poi continuo più tardi. Bevo tantissima acqua, in Vietnam ogni tanto mi rinfrescavo con l’acqua di un cocco fresco o un succo di zucchero di canna col ghiaccio, che vendono ai lati della strada. Almeno per qualche istante soddisfavo la voglia di freschezza, che bramavo dai primi chilometri ai pedali. I Paesi successivi sono stati sicuramente segnati da climi più aridi e meno umidi.
5. Andare in bicicletta in paesi in cui quasi tutti la usano ti permette di integrarti di più?
Ho visto molte biciclette in Cina: hanno una rete ben diffusa di biciclette a noleggio di cui basta scannerizzare un codice tramite smartphone, con pagamento automatizzato per poterla utilizzare. In Cina ci sono le apposite corsie ciclabili in tutte le città principali che ho attraversato. Mi sono sentita abbastanza tutelata come piccola pedina su due ruote in strade molto trafficate, purtroppo i livelli di inquinamento sono spesso indecenti…il che ha compensato la sicurezza stradale con grandi preoccupazioni per la salute!
Non mi sono sentita comunque particolarmente integrata. Ci sono diversi tipi di ciclisti: quelli che usano la bici per brevi distanze in città, i ciclisti sportivi e i cicloviaggiatori, il mezzo è lo stesso, ma i princìpi e propositi sono altri. I cicloviaggiatori sono quelli della mia stessa specie, con i quali mi sento più connessa e ne ho incontrati tantissimi lungo la Pamir Highway.
6. Come si è evoluto nel tuo viaggio il senso di ospitalità rispetto al fatto di esser donna?
L’ospitalità da parte di famiglie incontrate per strada o attraverso piattaforme internet come
couchsurfing o warmshowers (specifico per cicloviaggiatori) è stata gran parte di questo viaggio.
Essendo donna ho rifiutato ospitalità da uomini single, ma mi sono assicurata che nella famiglia ci fossero donne e bambini, oppure che il profilo sulle piattaforme internet sia stato consolidato da buone referenze. Purtroppo ho ricevuto avance anche da uomini sposati, con moglie e figli nella stanza a fianco in un paio di occasioni.
Dopo essermi confrontata con altri cicloviaggiatori maschi, credo che molte famiglie accolgano una ragazza più volentieri di uno straniero di sesso maschile, penso che nell’immaginario comune, la donna in questo caso sia vista come creatura innocua, da proteggere. Purtroppo, da donna, ho ricevuto protezione sì, ma anche indesiderate avances. Credo che noi donne solitarie siamo esposte al meglio, ma anche al peggio riguardo all’ospitalità.
In alcune meravigliose occasioni mi sono ritrovata in cucina (a volte la stessa stanza viene poi trasformata al calar del sole ed adibita a camera da letto) con le altre donne a scoprire i segreti di alcuni piatti tradizionali, grata di essere stata resa partecipe a questi momenti di vita quotidiana in Paesi con diverse culture.
7. Come è viaggiare da soli negli Emirati Arabi per una donna?
Ad essere onesta, negli Emirati non ho pedalato tantissimo, le strade con traffico incessante e senza troppo spazio dedicato ai ciclisti, non sono esattamente il massimo della gioia per i cicloviaggiatori. Sono stata fortunata ad aver trovato ospitalità da parte di persone fidate a Dubai. Grazie ad un’amica, ambiziosa cicloviaggiatrice anche lei, nonché mitica blogger e scrittrice
Darinka Montico, ho anche avuto occasione di spendere qualche giorno nella farm dello sceicco Awad, conosciuto tra i viaggiatori di tutto il mondo per essere nell’organizzazione del Travellers’ Festival (edizioni a Dubai, Milano e Cina al momento, progetto in espansione).
La distanza col confine Omanita è breve e l’unica volta che ho campeggiato, è stata ad un raduno internazionale di amanti del parapendio. Dove ho avuto la fortunata occasione di festeggiare i miei primi 15.000km con un breve volo.
8. Come affronti questa tua nuova vita, che lavoro fai?
Non lavoro praticamente da due anni. Sto ancora andando avanti con i risparmi di 3 anni di
working holiday visa in Nuova Zelanda ed Australia, ed una breve stagione invernale in Italia come noleggiatrice di sci e baby-sitter. I periodi lavorativi sono stati intensi: a volte lavoravo 60-80 ore a settimana (con stipendi pagati all’ora, non al mese), oppure ho avuto 2, anche tre lavori allo stesso tempo. Non sono mai riuscita a conciliare una vita normale ed un lavoro. O lavoro intensamente, o faccio quello che mi pare, intensamente.
Durante questo viaggio mi sono fermata a volte a fare volontariato in un ecovillaggio e come insegnante di inglese in cambio di vitto e alloggio. Quando mi si è presentata davanti l’occasione, non ho perso l’occasione di lavorare come modella per alcune life drawing classes, dove un gruppo di artisti ritraggono la modella che posa senza veli al centro della stanza.
Spostandomi in bici le uniche spese di trasporto si limitano ai pezzi di ricambio per la bici, brevi tratte in traghetto magari. La maggior parte delle volte dormo in tenda, oppure vengo invitata, oppure cerco ospitalità tramite couchsurfing o warmshowers, oppure tramite amici che hanno amici in loco, e ci mettono in contatto. Le notti in ostello non sono molte ed in genere, raramente ho speso più di 10 euro a notte per l’alloggio.
A giorni non spendo nulla, certo è che le spese per i visti sono state probabilmente tra le più alte da considerare, una volta acquistata bici ed attrezzatura da camping, e vestiario che inevitabilmente è soggetto ad usura.
È anche vero che a parte l’inizio del viaggio in Giappone e questa parentesi negli Emirati ed Oman, ho viaggiato in Paesi dove il costo della vita è relativamente basso. Ricordo che in Kirghizistan un chilo di grano saraceno costava qualcosa come 30centesimi di euro.
Certamente adatto la mia dieta preferibilmente a prodotti locali, più economici e ovviamente più environmentally friendly eliminando il trasporto internazionale. Ad esempio mi sono trovata davanti a scaffali di burro di arachidi con marchi americani, australiani, britannici, e quello prodotto localmente che costava magari un decimo della media degli altri.
Un altro esempio è che le banane in Iran, confrontate ad altra frutta, sono estremamente costose, quindi le evito. Quando posso compro direttamente dai farmers ai lati della strada.
Prestando attenzione si può mangiare bene senza spendere troppo.
Faccio molte rinunce, certo, ma raramente mi sono pentita di aver rinunciato a qualcosa, una volta passato il momento della tentazione iniziale.
Qualcuno, inoltre, ha voluto contribuire al mio viaggio attraverso un bonifico bancario o PayPal, e queste donazioni sono state sicuramente molto gradite, e di molto aiuto per la sostituzione di attrezzatura e l’acquisto di nuovi pezzi per la bici.
9. Viaggiando in bicicletta avrai ridotto al minimo il bagaglio cosa porti con te?
Giusto ieri mi sono ritrovata per l’ennesima volta a tentare di ridurre il mio bagaglio, preparando un pacco da spedire a casa, con souvenir, regali e attrezzatura poco utilizzata.
Quello che rimane sono attrezzatura camping: tenda, materassino, sacco a pelo e sacco lenzuolo. Poi nella borsa cucina ho fornello, pentolino, piccolo tagliere, coltello, spork (forchetta e cucchiaio di metallo, in un unico pezzo), grattugia, sale, olio, spezie, caffè solubile, tè, cibo. Vestiti: troppi, che hanno soddisfatto un buon comfort per temperature da -15 C a oltre +40 C. Ma a volte non sono abbastanza. Il minimo indispensabile per l’igiene, sapone da bucato. Scarpe 2 paia: un paio di sandali sportivi con delle buone suole e un paio di scarpe da ginnastica in fase di autodistruzione. Pezzi di ricambio vari e attrezzi base. Pannello solare, computer, mp3, e l’ultimo acquisto, un kindle perché la lettura è diventata una priorità. Il set da cucito è un fedele amico (filo nero e qualche ago). Uno smilzo kit di primo soccorso con qualche garza, disinfettante e poche medicine che spesso preferisco non usare.
10. Cosa hai imparato di veramente importante in questi mesi?
Errori se ne fanno tanti da principiante poco documentata, dalla sella troppo alta della bici, alla scelta sbagliata del posto dove campeggiare, al posizionamento sbagliato della tenda rispetto alla direzione del vento. Ho imparato tantissimo, ho imparato dai miei stessi errori, ho imparato dalle difficoltà. Ho coltivato un forte spirito di adattamento, iniziativa, inventiva. Ho imparato a ridurre i miei bisogni al minimo, a non avere pregiudizi, a fidarmi del mio sesto senso, a non dare nulla per scontato. Ho imparato a lanciarmi, ad uscire dalla mia zona di comfort. Ho imparato ad aprire il cuore alle esperienze e a nuove culture, ho imparato anche cose più pratiche, come ad esempio una basica manutenzione della bici e riparazioni di base.
Ho imparato come affrontare le brutte notizie, le difficoltà del percorso, avversità meteorologiche… Ricordo che all’inizio ero molto emozionale, e alla minima difficoltà scoppiavo in lacrime. Ora succede raramente. Ho imparato a dare il giusto peso alle cose. Ho imparato ad affrontare le difficoltà col sorriso, consapevole del fatto che tutto è transitorio, nel bene e nel male.
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