Viaggiare come Cartier Bresson

Ora chiudete gli occhi e pensate a chi è il vostro viaggiatore per antonomasia…. Marco Polo, Chatwin, Kerouac, Sepulveda, Pino Cacucci? Mi sa che almeno il 70% di voi penserà ad uno scrittore, quindi quello dovrebbe essere lo scrittore di viaggio ideale più che il viaggiatore. Per pensiero comune, chi ha saputo raccontare bene i luoghi li ha anche saputi esplorare nel modo giusto, credo che in assoluto non sia così; diciamo forse ha trovato il modo per renderle i propri viaggi eterni e conosciuti ai più. Rapportato al mondo di oggi, e anche alla mia esperienza, posso affermare con assoluta certezza che i migliori viaggiatori che ho incontrato nel mondo, non avevano un blog, alcuni neanche una Moleskine. Quindi spesso veniamo presi in inganno, non sappiamo cosa si nasconde dietro i silenzi o gli occhi delle persone che incontriamo.Cartier Bresson

Io, anche se con discutibili risultati sono un’appassionata di fotografie, mi ha sempre stupito vedere come un fotografo possa comporre, in un modo magnifico lo stesso scenario che vedo io in un modo totalmente diverso, è come se io vedessi un altro mondo anche se nello stesso luogo. Loro notano piccoli particolari, prospettive dinamiche effetti della luce che non avevo percepito, per me la fotografia è sempre stata un dono, una magia.

Voi lo conoscete Cartier Bresson ? Beh se vi piace la fotografia per forza, è uno dei pilastri, un grande maestro, l’uomo dalla composizione perfetta, ho visto tante mostre sue, a Roma, a Parigi, rimanendo estasiata dallo scatto, ma guardando quelle foto come di quadri al Louvre.L'immaginario dal Vero Henri Cartier Bresson

Poi a Pasqua, mio zio, che è un fotografo davvero, mi ha regalato un libro:

L’immaginario dal Vero di Henri Cartier-Bresson.

Ovviamente l’ho iniziato la sera stessa, pensavo palasse della luce e del taglio degli ambienti, invece parlava di VIAGGI!

“Sono andato molto in giro anche se nn so viaggiare. Mi piace muovermi con lentezza, programmando il passaggio da un paese all’altro. Quasi sempre mi accade, una volta arrivato, di aver voglia di rimanere, per partecipare completamente alla vita di quel paese. Non potrei mai essere un globe-trotter.”

Credo che la fotografia per lui forse non fosse la cosa primaria, ma fosse il suo passaporto per il mondo, Cartier Bresson ha avuto la fortuna di viaggiare quando non era una cosa da tutti, quando il mondo era difficile e poco disponibile, durante le grandi rivoluzioni, e grazie alla sua Leica lui era lì. Lui stesso racconta che è potuto andare in luoghi combattuti e poco accessibili perchè aveva l’autorizzazione a fotografarli, perchè era mandato dalle grandi potenze editoriali occidentali. E’ stato in Cina nel ’48 durante la rivoluzione comunista, e poi ancora a Piazza Tien an Men a Cuba nel ’63, ha raggiunto Che Guevara nella selva e Giacometti a Parigi, per raccontare le loro storie e renderle immortali. Ma questo quasi sempre resta lontano e distaccato dalle sue opere, si pensa a lui come il maestro della composizione, un fotografo che non creava mai il setting, ma che immortalava l’attimo, la verità, la realtà del momento, eppure il suo più grande valore è che ha testimoniato cose grandi, ha fatto vedere con i suoi occhi verità che in Europa erano ovattate, per non dire mistificate. Dopo aver letto questo libro la prossima volta che vedrò una sua mostra penserò all’uomo e non al fotografo.

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