Viaggiare da solo in Asia: 6 mesi tra India Birmania e Nepal
[box style=’info’] Lui si chiama Leandro, ha 31 anni. Dopo aver fatto alcune esperienze di studio e lavoro in giro per l’Europa (Germania, Portogallo e Spagna), ha deciso di mettermi in viaggio alla scoperta dell’Oriente. Quando è tornato, dopo sei mesi, avevo tante storie da raccontare e così ha deciso di aprire un blog l’Androne, potete seguirlo anche sulla sua pagina Facebook, ha trascorso 4 mesi in India, uno in Birmania e uno in Nepal, il suo approccio mi ha incuriosito e gli ho chiesto di parlarcene, tra poco partirà.[/box]
1. Cosa ti ha spinto sei mesi verso luoghi così intensi dell’Asia come India Nepal e Birmania?
Mi é stata rivolta parecchie volte questa domanda prima della partenza. Mugugnavo risposte incerte perché la verità è che non c’è una ragione precisa. Mi veniva sempre da ribattere provocatoriamente “E a te cosa spinge una vita intera nello stesso luogo a fare lo stesso lavoro?”. Questo sì che è il vero dilemma!
Per quanto riguarda il mio viaggio, probabilmente è stata semplicemente una necessità di provare di nuovo quelle sensazioni che si provano con lo zaino in spalla: l’esaltazione, il piacere della scoperta, la sorpresa, lo stimolo a pensare, il sentirsi vivo. È come se a intervalli regolari la mia mente e, forse ancor di più, il mio corpo mi spingessero all’avventura. Anche solo l’arrivo in un Paese lontano, che non conosco, il respirare nuovi odori, il testare nuovi sapori, il parlare con gente diversa, tutto ciò sprigiona in me una fiammata di felicità, di contentezza. In questo senso l’Asia in generale e l’India in particolare, per la sua diversità e intensità, rappresentano i luoghi ideali.
2. Se dovessi dire una sensazione associata a questi tre paesi, quale sarebbe?
La sensazione che si prova quando si arriva in India per la prima volta è di trovarsi in un altro mondo, in cui vigono altre regole e altre valori e in cui si devono impiegare altre coordinate per interpretare la realtà. L’altra sensazione è, come ho spiegato nel mio blog, quella di trovarsi in un mondo passato, che non esiste più: è come se una parte recondita di noi, che nella società occidentale attuale è stata addormentata, si risvegli al contatto con un mondo dove l’esistenza appare come un’esperienza più autentica e gridi forte: “Era così! Era così!”
Per quanto riguarda la Birmania credo sia opportuno fare una distinzione. Esiste una Birmania cui è difficile accedere (spiegherò meglio più avanti) che trasmette una sensazione di verginità e innocenza. Appare, infatti, ancora incontaminata dalle influenze del resto del mondo e dal peccato originale della modernità. È quella che verrebbe da chiamare la “vera Birmania”, portatrice di tutto il fascino dell’Asia autentica. C’è poi la nuova Birmania, convertita irrimediabilmente al turismo, in cui si ritrovano i caratteri dei vicini Paesi del sud-est asiatico.
Le sensazioni che il Nepal richiama sono simili a quelle che si provano in India con un paio di differenze rilevanti. La prima è rappresentata dalla presenza delle imponenti e quiete vette dell’Himalaya, che caratterizzano in maniera molto più marcata il carattere nepalese, e che hanno un forte impatto su chi si mette in cammino per esplorarle. La seconda è l’interazione con le persone che compongono il melting pot etnico che lo abita, più progressiste e amabili dei vicini indiani, fattore sufficiente per connotare da subito l’intera esperienza.
3. Come ti cambia viaggiare in India?
Dapprima avviene un cambiamento immediato, sostanziale, quasi animale: l’impatto è forte e il nostro corpo e la nostra mente devono cambiare per potersi adattare. Infatti, in India vige la più cruda selezione naturale: o ti adatti, o sei fuori.
Poi il cambiamento si fa più riflessivo, profondo, intenso: il viaggio in India è un’esperienza che ti apre gli occhi, ti riempie e ti arricchisce ma soprattutto che ti rende più consapevole della tua condizione e quindi più tollerante. Questa consapevolezza ti porta a realizzare che la maggior parte dei valori di riferimento attraverso i quali si interpreta il mondo e che si credono universali, in realtà non sono tali e che esistono altre maniere di stare al mondo, altri modi di vivere la vita.
Alla fine del viaggio, poi, avviene il terzo cambiamento: torni a casa, cammini spaesato tra le fredde strade della città che ti appaiono deserte e silenziose, incontri persone dagli sguardi prevedibili, ti accorgi che l’India ti manca e che hai perso dieci chili.
4. Che tipo di viaggiatori si incontrano in India?
l’India non è un Paese per tutti. È per persone con lo stomaco forte, persone disposte a sopportare il caldo, la sporcizia, le maniere rudi, la scomodità, le lunghe attese. Ogni tanto, soprattutto nei luoghi più turistici li vedi, alcuni turisti rinchiusi nei taxi che fanno la spola dall’hotel al palazzo moghul, senza alcun contatto con l’esterno. Però sono in pochi. La maggior parte è di quelli cui piacciono le sfide difficili, che stanno più a proprio agio quando niente è sotto controllo, che adorano sguazzare nel gap culturale e comunicativo con gli altri. Poi in India non possono mancare gli hippies. Ce ne sono ancora tanti (stavo per dire troppi ma mi sono corretto in tempo). Li vedi camminare scalzi tra le merde di vacca, con gli occhi socchiusi e un perenne sorrisetto disegnato in faccia. Fanno il bagno nel Gange come se fosse un ruscello incontaminato. Sono amici di tutti, anche di quelli che gli fanno pagare il triplo del prezzo una corsa in tuk tuk.
5. Secondo te esiste una strategia, in India, per salvare il proprio intestino?
Sì, esiste una strategia sicura e consiste nel mangiare sempre cibi cotti (ma non fritti) e in ristoranti di livello, oppure di ingerire cibo e bevande confezionate. La vera domanda, però, è se tutto ciò ne valga la pena. Io credo di no, credo non sia un vero viaggio in India senza mangiare samosas e bere chai in treno, senza del fritto mangiato al volo per strada, senza un thali in una bettola a conduzione famigliare. In linea di massima, comunque, evitare il ghiaccio e la verdura cruda, bere solo acqua confezionata e sbucciare sempre la frutta, sono accorgimenti sufficienti per non correre rischi seri. Detto ciò, un po’ di diarrea è forse inevitabile e, sebbene non sia propriamente un’esperienza indimenticabile, forse rende il viaggio in India più autentico.
6. Come è adesso la Birmania ora che non c’è più una dittatura forte, come si pongono le persone nei confronti del turismo?
Viaggiando in Birmania si percepisce una presenza onnipresente e refrattaria alla nostra volontà di cogliere fino in fondo lo stato delle cose. A differenza di un Paese come l’India, dove, volendo, si è liberi di scorrazzare in lungo e in largo a nostro piacimento, in Birmania è molto difficile uscire dall’itinerario turistico che include quella decina di soliti posti. Ci ho provato affittando uno scooter e avventurandomi nei dintorni di Hsipaw, nel nord del Paese, ma sono stato fermato da un posto di blocco collocato una ventina di chilometri fuori città. Tuttavia sembra che la dittatura abbia allentato di molto la presa: il ritratto di Aung San Suu Kyi è esposto nelle case e nei negozi, le persone parlano abbastanza liberamente di politica e di militari in giro se ne vedono ben pochi. Probabilmente i generali hanno capito che conveniva loro trasformare la dittatura dura, violenta, vecchio stile, in una più morbida, moderna. Ora la comunità internazionale, solo per il fatto di aver aperto le frontiere e abbassato i fucili, reputa la Birmania in maniera diversa ma in fin dei conti i generali continuano a tenere il controllo dei settori chiave del Paese.
Più che delineare lo stato della dittatura in Birmania, comunque, mi sembra interessante, e così rispondo alla seconda parte della domanda, esaminare come le persone si pongono nei confronti del turismo. Nonostante le persone conservino un’amabilità e una gentilezza forse uniche al mondo, appare evidente come il turismo di massa abbia già iniziato la sua opera di trasformazione delle abitudini locali e della predisposizione delle persone nei confronti dello straniero. La dittatura militare, sopprimendo la libertà e costringendo, di fatto, il Paese a un isolamento forzato, paradossalmente protesse la civiltà birmana che i turisti maggiormente ricercano. Ora che il processo di apertura verso l’esterno è definitivamente in atto, si possono osservare, come ho già accennato in precedenza, due Birmanie: una più periferica rispetto alle zone turistiche, che conserva le vecchie tradizioni e che appare incolume dalle influenze esterne; un’altra, che insegue il modello thailandese, forse definitivamente rovinata dai processi di industrializzazione, di urbanizzazione e dall’imitazione dello stile di vita occidentale.
7. Per poter godere a pieno delle montagne del Nepal è necessario essere trekker provetti o ci sono anche percorsi più leggeri?
La mia esperienza si limita all’Annapurna, uno dei circuiti di trekking più popolari del mondo, che permette di avvicinarsi e di apprezzare alcune delle vette più maestose dell’Himalaya. Qui ci sono percorsi per tutti i gusti e per tutte le necessità. Ormai il trekking in Nepal è diventato un business che non si può permettere l’esclusione di potenziali clienti. Le Guesthouse si sono moltiplicate e negli ultimi anni sono state tracciate delle strade che conducono direttamente ad alcune località, permettendo, di fatto, un più facile e veloce accesso. Detto ciò, è ovvio che un trekking sull’Himalaya non è una passeggiata in riva al mare, quindi bisogna essere pronti a delle belle sudate e, per i meno allenati, a qualche dolorino muscolare. Per chi viaggia da solo, soprattutto nei periodi di bassa stagione, consiglio di intraprendere il cammino con qualcuno oppure di ingaggiare una guida locale.
8. Quale è la frase che “hai imparato” in questo viaggio che ti rimarrà più dentro?
Senza dubbio: Same same but different (“Uguale uguale ma diverso”)
9. Cosa vuoi trasmettere attraverso il tuo sito?
Non son sicuro di voler realmente trasmettere qualcosa, mi accontenterei di mettere qualche pulce nell’orecchio. Il blog è nato solo un mese fa, più che altro come esigenza di organizzare in massima libertà in un luogo concreto i miei scritti. Poiché i viaggi per me sono uno dei momenti più proficui per la riflessione e più stimolanti per la produzione scritta, è naturale che essi occupino un posto di primo piano all’interno del blog. Tuttavia il mio non è appena un blog di viaggi. Presto verranno sviluppate altre sezioni dedicate alla poesia, alla politica, all’attualità. La stessa parte sul viaggio è trattata in maniera differente rispetto ai comuni blog di viaggi, sorvolando sui consigli pratici e sulla descrizione delle destinazioni e soffermandomi sulla registrazione delle emozioni e dei pensieri che avviene internamente quando ci si trova immersi in un ambiente e in una situazione specifica.
10. Cosa hai scoperto di nuovo su te stesso?
Ho scoperto di potermi adattare a qualsiasi situazione, di riuscire a essere molto paziente perché tanto alla fine niente è davvero drammatico, nemmeno dormire in una stanza infestata di scarafaggi. Ho scoperto di poter mangiare riso tutti i giorni per settimane e settimane. Ho scoperto di avere molte più cose in comune con la natura, con le piante e con gli animali, di quelle che credessi di avere. Mi sono riscoperto più vivo, più libero, più umano ma soprattutto ho scoperto che posso resistere mesi e mesi senza bere birra e, fatto ancora più sorprendente, non sentirne l’esigenza.