Viaggiare in Italia in regionale. Da Torino a L’Aquila
Miko Corli il suo progetto di attraversare l’Italia prendendo solo treni regionali, 5 giorni da Torino a L’Aquila, sulle vere orme del nostro popolo.
1. Come è nata l’idea di percorrere l’Italia in regionale?
E’ nata leggendo molti anni fa il viaggio di Paolo Rumiz e Marco Paolini, pubblicata a puntate in un’estate da Repubblica (maggiori informazioni qui: http://bbb.postach.io/ page/il-progetto-bbb).
E poi dalla passione per il treno e per il treno che si ferma in ogni punto, non per quello che salta i passaggi e le stazioni. Ho sempre pensato che sia il mezzo ideale per conoscere un posto. Per i tempi che ha, per il fatto che ti mette in contatto non solo con un posto ma anche con le persone che lo abitano.
Cinque tappe, che sono dettagliate sul blog di viaggio che ho aggiornato quotidianamente.
Da Torino a La Spezia passando per le Cinque Terre, poi La Spezia – Arezzo passando dalla Lunigiana e dalla Garfagnana, con Lucca e Altopascio, il paese del pane, come tappe intermedie. Quindi da Arezzo giù verso Terni, fermandomi nello splendido borgo di Spello, a Foligno, a Spoleto. Infine la tappa più significativa, quella che per me ha rappresentato l’ideale scelta di un traguardo a cui puntare: da Terni a Sulmona, passando per Rieti, Antrodoco, e soprattutto L’Aquila. Non l’avevo mai vista prima, del terremoto intendo, e vederla adesso è stato un autentico shock.
Il ritorno: da Sulmona a Roma attraversando l’Appennino via Avezzano e Tagliacozzo, per poi ritornare a Torino.
3. Il tuo era più un progetto di denuncia sociale o di scoperta del territorio?
Di racconto. Sono partito con l’idea in testa che nonostante le difficoltà e la sottovalutazione che tutti noi, chi più chi meno, facciamo spesso del nostro paese, sia un posto che vive di migliaia di anime, tutte interessanti. E allora ho voluto toccarne poche dal vivo, di queste anime. E l’ho fatto raccontando ogni giorno, o meglio ogni sera, le impressioni di questi incontri sul blog di viaggio.
Di ogni tipo. Ricche, estremamente povere, gentili, scortesi. Chiunque davvero. Ma se devo fare un bilancio, sarà forse perché viaggiando soli si riesce a entrare meglio in relazione con le persone, non lo so, è del tutto positivo. Ho incontrato molta simpatia, voglia di comunicare, di conoscere e scoprire. Non siamo un paese chiuso in se stesso, se penso a quello che ho visto.
5. L’itinerario aveva un significato per te?
L’ho scelto perché fosse realizzabile nel tempo a mia disposizione, cinque giorni, e puntando alla meta significativa de L’Aquila. Ho scelto di arrivarci via Appennino, dall’interno del paese e non da una delle due coste per evitare le due direttrici ferroviarie principali e utilizzare quanto più possibile treni secondari e a breve percorrenza.
Tutto. E’ il mezzo, sempre più, con cui le persone vanno a lavorare, a trovare i parenti per le vacanze, a curarsi in un’altra città. E’ il posto in cui alcuni dormono, perché altrimenti non possono andare da nessun altra parte. E’ il mezzo più democratico e popolare che ci sia. E ciò che usano le persone vere.
7. Quale è l’aspetto che ti ha sorpreso di più di questo viaggio?
La piacevolezza. Prendere il treno ogni giorno era un’esperienza unica, come mettersi davanti al grande schermo di un cinema e vederci passare sopra un film diverso ogni volta: solo che non si trattava di un film, nè di attori che impersonavano qualcuno. Realtà, vita vera e persone reali.
8. In queste giornate di treno ti muovevi solo di giorno o anche di notte?
Soltanto di giorno, di notte non hai grandi possibilità con quel tipo di treni e, sinceramente, hai meno occasioni di dialogo. E poi il paesaggio ti è precluso dall’oscurità.